Cultura
“A Dutturissa Gozzo”. Una storia esemplare di emancipazione siciliana degli anni ’40
L’accesso alle donne italiane all’università avvenne legalmente solo nel 1875 con un R.D. del 3 ottobre, firmato dal ministro Bonghi, in cui scriveva “le donne possono essere iscritte nel registro degli studenti e degli uditori, ove presentino i documenti richiesti” : attestato di buona condotta, diploma originale di licenza liceale ovvero altri titoli utili per accedere ai corsi.
Per le donne iniziare una carriera universitaria non fu facile, dal momento che le ragazze dovevano affrontare problematiche sociali e morali , prima di poter frequentare l’ambiente universitario.
A queste problematiche si aggiungono: pregiudizi ,dipendenti dalla presunta inferiorità naturale , frutto di stereotipi secolari e preoccupazioni prodotti dai timori delle famiglie di lasciare le giovani libere di allontanarsi da casa verso una città diversa, lontane dagli occhi del padre.
L’arrivo delle donne all’Università, in Italia, creò preoccupazioni sulla loro presenza che poteva essere l’inizio del decadimento dei costumi ed un abbassamento del livello di studio.
Secondo dati offerti da ricerche svolte dalla società di storia patria per la sicilia orientale , in Italia dal 1877 al 1900 furono conferite 257 lauree femminili di cui la maggior parte era in Lettere e Filosofia e Scienze Matematiche , ma anche in Medicina e Chirurgia si registrava un numero esiguo di 24 laureate.
Negli ultimi quattro anni dell’ottocento si registrava il 49, 8 % delle laureate al nord , a Napoli 18 lauree femminili, negli atenei siciliani 15 laureate di cui 3 a Catania , 3 a Messina e 9 a Palermo.
Nel primo dopoguerra si assisterà alle prime rivendicazioni al diritto al lavoro da parte di un numero ristretto di donne provenienti dal ceto borghese in possesso di diploma di laurea usato per entrare a pieno titolo nel mondo delle professioni e negli impieghi pubblici.
Donne determinate ripagate, solo all’indomani della guerra, con la ratifica nel 1919 della legge n.1176 art. 7 che aboliva l’Istituto dell’autorizzazione maritale e sanciva l’ammissione delle donne a pari titolo degli uomini, a esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti i pubblici impieghi .
Molte professioni, però, restavano precluse al sesso femminile e, nonostante i tentativi del regime di relegarle esclusivamente negli ambiti familiari, molte donne continuarono a scegliere un percorso di studi universitari .
La plurisecolare tradizione dell’Università di Catania , dalle antiche radici aragonesi, ci permette di poter ricostruire l’emancipazione femminile in Sicilia tramite le lauree concesse a studentesse provenienti dal territorio siculo .
Supporto ulteriore alla ricerca viene dato,pure, dagli Annuari Accademici della Regia Università di Catania a partire dal 1865.
Da una laurea rilasciata il 2 dicembre 1937 , firmata dal Prof. Orazio Condorelli , Rettore della R. Università di Catania e dal preside della facoltà S. Cutelli, siamo riusciti ad ottenere una grande testimonianza di emancipazione femminile proveniente da un piccolo paese della provincia di Siracusa: Solarino.
Carmela Gozzo classe 1905, è il nome trascritto nella pergamena di laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Catania, custodita gelosamente dai familiari.
Grazie all’Archivio Storico dell’Università di Catania è stato possibile ritrovare il fascicolo con la documentazione di rito delle carriere studentesche contenente anche la copia carbone della tesi di laurea, dattilografata e in buono stato di conservazione, intitolata “ La prova del rosso Congo nelle coliti amebiche croniche e suo significato fisico-patologico “.
Fondamentale testimonianza di determinazione femminile in un periodo storico in cui tutto era più complicato per una liceale che si affacciava al mondo.
La Dottoressa Gozzo , detta in paese “ a dutturissa”, ottenendo la laurea il 31 ottobre nel 1937, fu la quarta donna medico in tutta la Sicilia e, nella sua Solarino, la prima donna laureata in medicina e primo pediatra.
Il suo approccio alla medicina era innato in quanto proveniva da un contesto familiare che produsse altri medici sin dalla fine dell’ottocento.
La figura della dottoressa Gozzo è da contestualizzare in uno scorcio storico sociale tra le due guerre mondiali ma non si fa nessuna colpevole anticipazione nel dire che Carmela Gozzo fu una di quelle Donne straordinarie, rinsaldate dalla fame di sapere e da una sorprendente capacità di rialzarsi, avversità dopo avversità.
“A dutturissa” così come era chiamata Carmela, pur provenendo da un piccolo paese del siracusano, è da collocare sulla scia della memoria storica che si posa tra la missione e la professione medica, intesa come vocazione e mezzo di emancipazione.
Dietro queste Donne appaiono poco chiari i personaggi che hanno collaborato al percorso di emancipazione ma , nel caso della Dottoressa Gozzo, appare fulgida, a dir poco, l’immagine dei fratelli Salvatore, Pippo e Nino che, nonostante le prime difficoltà economiche, in quanto restati orfani di padre, in gioventù, riuscirono ad affrontare qualsiasi tipo di pregiudizio o di ombra.
I fratelli, illuminati dall’esperienza, infatti Pippo e Salvatore Gozzo erano entrambi medici, riuscirono ad approcciarsi alla scelta professionale della sorella con straordinaria modernità.
Carmela Gozzo, originaria da famiglia cattolica , oltre all’approccio scientifico con i suoi ammalati, ebbe una grande capacità di ascolto dei sofferenti ed avendo una visione laica della professione medica, si sottopose volontariamente a continui aggiornamenti scientifici.
La perseveranza aveva segnato la sua passione per la scienza e la sua autentica dedizione la portò a vivere l’assistenza al malato come autentica dedizione tra pregiudizi, angherie e molto altro.
In questa sua crescita professionale, Carmela non fu sola perché ebbe il sostegno della sorella dallo spirito aperto e collaborativo che credeva in lei e nel suo fare.
Forse è possibile intravedere in questa Donna uno scorcio di emancipazione, ma anche un omaggio a chi ha sfidato i pregiudizi per radicarsi con forza nelle proprie idee.
E’ certo che questo “ritaglio di vita “ della Dottoressa Gozzo Carmela, detta Melina, senza rituali stucchevoli complimenti, ha la forza di porci davanti ad un serio esempio di determinazione che riesce a curare l’animo di qualsiasi disilluso, convinto che l’emancipazione sia frutto degli ultimi anni.
Laura Liistro
Cronaca
Pantelleria – Filippo Panseca, il cordoglio del Sindaco
Il Comune di Pantelleria piange la scomparsa di Filippo Panseca, artista visionario e cittadino amato
Con grande tristezza, l’Amministrazione Comunale di Pantelleria si unisce al dolore per la scomparsa di Filippo Panseca, uno degli artisti più innovativi e significativi del panorama culturale internazionale.
Filippo è deceduto nella notte tra il 23 e il 24 novembre 2024, lasciando un vuoto incolmabile nella comunità pantesca, che lo ha sempre accolto con affetto e stima.
Filippo Panseca ha scelto Pantelleria come sua casa, un luogo dove ha voluto invecchiare e dove ha continuato a realizzare opere che univano arte, tecnologia e riflessione sociale.
La sua visione artistica e il suo impegno culturale hanno segnato una generazione e hanno trasformato l’isola in un luogo di ispirazione per molti artisti e visitatori provenienti da tutto il mondo.
La sua arte, capace di fondere l’innovazione tecnologica con la tradizione, ha portato Pantelleria a essere conosciuta anche per il suo contributo alla cultura contemporanea.
Il cordoglio del Sindaco di Pantelleria, Fabrizio D’Ancona
Filippo Panseca non era solo un artista, ma un pantesco di adozione. La sua arte e il suo spirito indomito hanno arricchito il nostro territorio e ci hanno insegnato quanto sia importante il legame tra arte, natura e innovazione.
Filippo ha fatto di Pantelleria un punto di riferimento per la cultura, un angolo del mondo dove la bellezza non si fermava mai.
La sua scomparsa lascia un vuoto profondo, ma la sua eredità continua a vivere attraverso le sue opere, che resteranno per sempre nella memoria collettiva di tutti noi.
A nome di tutta l’Amministrazione Comunale e della comunità di Pantelleria, esprimiamo il nostro più sentito cordoglio e siamo vicini alla sua famiglia in questo momento di grande dolore.
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Pantelleria perde un artista, un amico e un conoscitore devoto e raffinato
E’ morto all’età di 84 anni, Filippo Panseca, l’istrionico artista palermitano, naturalizzato per tutta la sua carriera a Milano.
Tuttavia, aveva conosciuto Pantelleria, negli anni ’70, dove ha vissuto gli ultimi anni, fino alla fine, avvenuta questa notte.
Inutile l’intervento presso l’Ospedale Nagar: un infarto letale si è preso gioco di lui e l’ha strappato all’affetto dei suoi cari, i figli, la nipotina figlia di Giorgia, la moglie.
Era così legato alla nostra isola che non solo si è trasferito come molti fanno per ritrovare se stessi o vivere con una scadenza della vita diversa, ma anche per continuare a dare libero sfogo alla sua creatività, alla sua vena artistica.
Aveva creato un villaggetto, presso i sesi, e poi un museo, dove raccoglieva il suo sapere e la sua generosa vitalità.
Ci aveva colpito in molte occasioni, per la sua indole, ma sapere che era stato il creatore del garofano come simbolo del Partito Socialista di Bettino Craxi, oltre che della piramide multimediale per i comizi del premier, avevano dato spiegazioni a molte domande sull’essenza di Panseca, lo spessore dell’artista e l’animo di quell’uomo, dai capelli lunghi e i kaftani indossati con quello stile e quella amabilità che lo hanno reso da sempre unico.
Il cordoglio sui social si sta arricchendo di ora in ora, parlando della genialità e della simpatia, della preparazione e della capacità sociale di Filippo Panseca.
Tra tutti cogliamo quello di Bobo Craxi: “Filippo Panseca lascia un segno nell’arte contemporanea. il suo eclettismo ha saputo unire il gesto d’artista all’impegno civile.
Piango l’amico caro, il compagno, l’uomo che ha vissuto il suo tempo ed ha disegnato e immaginato l’Italia da Pantelleria a Milano, passando per Rimini e Palermo.”
Le condoglianze più sentite dalla nostra redazione, che negli anni si è arricchita di contenuti grazie al M° Filippo Panseca.
Cultura
Il Cous Cous Fest ad Algeri per la Settimana della cucina italiana nel mondo
Due chef di San Vito Lo Capo, in rappresentanza dell’Italia, vincono la gara di cous cous con il team locale
Il Cous Cous Fest è sbarcato ad Algeri per la nona edizione della Settimana della cucina italiana nel mondo organizzata dall’Ice in collaborazione con l’Ambasciata italiana in Algeria e l’Istituto italiano di cultura di Algeri. Antonio Vultaggio e Calogero Bascio, chef di San Vito Lo Capo, sono i testimonial scelti per rappresentare l’Italia nell’ambito dell’iniziativa, un appuntamento annuale organizzato dal Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale con il supporto dell’Agenzia ICE per il commercio estero, volta a valorizzare la tradizione culinaria italiana nel mondo e le eccellenze del settore agroalimentare ed enogastronomico italiano, sostenendo le esportazioni del settore.
“Si tratta di un’importante occasione – ha detto il sindaco di San Vito Lo Capo, Francesco La Sala – per fare conoscere la cultura, i sapori e la tradizione gastronomica siciliana che rendono San Vito Lo Capo e il Cous Cous Fest due eccellenze italiane e per celebrare le comuni radici mediterranee che legano l’Italia all’Algeria”.
La settimana si è aperta con una cena inaugurale, che si è svolta nella residenza dell’Ambasciatore italiano in Algeria, Alberto Cutillo. I due chef sanvitesi hanno partecipato anche ad una competizione di cous cous che ha messo a confronto la tradizione italiana con quella algerina, aggiudicandosi la vittoria sul team di chef locali. Diversi gli appuntamenti in programma che racconteranno, anche a tavola, il rapporto tra dieta mediterranea e cucina delle radici, creando un ponte tra culture diverse ma con tanti punti in comune.
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