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Cultura

Giufà, l’antieroe siciliano per eccellenza. Il racconto di nonna Giovanna

Redazione

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Giufà è lu prutagonista di cunta pupulari siciliani di urìggini àrabba.
Tanticchia babbu, ni cummina di tutti li culura, ma quasi sempri ci finisci bona, senza chi si nni renni cuntu.
‘U paisi ri Giufà Chist’è ‘u paisi undi si perdi tuttu, aundi i fissa sunnu megghiu i tia,
‘u paisi ‘i “m’incrisciu e mi ‘ndi futtu” e tutti i cosi sunnu “fissarla” …”
…E, ssi vò sapiri n’atra ‘i cchiù,chistu è ‘u paisi ‘i “scindi e falla tu”!
Aundi c’è ‘nu rittu disgraziatu: “né ieu cuntentu, ne tu cunculatu”!
Pirciò non resta chi ‘nu fattu sulu: mi iti tutti e mma faciti ‘an culu!

La Sicilia è una terra varia, non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello tradizionale. Ogni provincia, ogni paese, ogni luogo che si visiti ha in sé una sua unicità. Nonostante questo, vi sono alcuni elementi che accomunano questi luoghi. A volte sono alcune semplici parole dialettali che, se pronunciate, fanno sì che ci si senta sempre a casa. Una di queste, per esempio, è “Giufà”.
Chi dai nonni, chi dai propri genitori ha sentito le divertenti storielle di questo personaggio, proveniente dalla tradizione popolare siciliana e profondamente radicato nella mente di ogni siciliano. Io ebbi la fortuna che la mia amata nonna Giovanna in certe serate d’estate mi raccontava, sotto le mie pesanti pressioni, le storielle del mitico Giufà… brevi storielle che nel mio immaginario erano storie reali e soprattutto divertentissime.

Ma da dove nasce, originariamente, Giufà?È sempre stato legato alla storia siciliana?

Gli aneddoti di Giufà sono stati tramandati da oltre un millennio, viene da chiedersi se oggi facciano ancora ridere, se sollecitano ancora una riflessione più profonda per il sorprendente accostamento di logiche contraddittorie. La globalizzazione ha portato con sé la diffusione di un generalizzato bisogno di identità, e in particolare, nel mondo arabo ha sviluppato l’urgenza di rivitalizzare tradizioni locali che già agli inizi del secolo scorso avevano contribuito a ricostruire il pensiero nazionale.

La pubblicazione e la raccolta di antichi aneddoti rispondevano alle esigenze di recupero della tradizione orale. Oggi in un mondo dominato dalla diffusione mediatica, abituato alla lettura superficiale di informazioni e emozioni, ci si chiede quale ruolo possano svolgere questi antichi aneddoti. Per secoli nel mondo islamico e nel Mediterraneo le storie di Giufà hanno tramandato perle di saggezza; nella cultura classica araba erano narrate nell’intervallo tra due storie serie.

Anche in Sicilia, come ricorda Leonardo Sciascia, «nell’Epopea del vicinato, tragica, non priva di orrori, le

storie di Giufà facevano appunto da farsa: a che non si andasse a letto con il sangue guasto».

Penso che qualsiasi storia o racconto sia sempre valido per tramandare valori ed emozioni; l’unica variante può essere considerata la modalità con cui si raccontano. Il personaggio di Giufà Giufà è un personaggio privo di qualsiasi malizia e furberia, credulone, facile preda di malandrini e truffatori di ogni genere.

Nelle sue vicende quotidiane gli verranno rubati o sottratti, in modo truffaldino e con estrema facilità, una pentola, un maiale, un pollo arrosto, un asino, una gallina, un tacchino. L’iperbolica trama descritta dal Pitré prende spunto da fatti realmente ricorrenti nelle campagne del palermitano, quando ladri e imbroglioni ricorrevano a promesse allettanti avanzate a ragazzi (che mai avrebbero mantenuto) per ottenerne in cambio prelibatezze sottratte alla campagna o alle dispense dei loro genitori. Nelle sue avventure Giufà si caccia spesso nei guai, ma riesce quasi sempre a uscirne illeso, spesso involontariamente. Giufà vive alla giornata, in maniera candida e spensierata, incurante di un mondo esterno che pare sempre sul punto di crollargli addosso. P

ersonaggio creato in chiave comica, caricatura di tutti i bambini siciliani, Giufà fa sorridere, con le sue incredibili storie di sfortuna, sciocchezza e saggezza, ma ha anche il gran merito di far conoscere meglio la cultura dominante in Sicilia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

I tre racconti tramandati da mia nonna Giovanna “Tirati la Porta, la Luna, le Uova” di Giufà

GIUFA’ TIRATI LA PORTA
Una volta la madre di Giufà andò alla messa e disse a suo figlio: -Giufà vado alla messa; tirati la porta e mi vieni a trovare in chiesa. – Giufà, come uscì sua madre piglia la porta e si mette a tirarla; tira tira, tanto forzò che la porta se ne venne. Giufà se la carica sulle spalle e va in chiesa a buttargliela davanti a sua madre: -Qua c’è la porta! Naturalmente sua madre gli diede una buona dose di legnate. Sono cose da fare queste?

GIUFA’ E LA LUNA Giufà una notte, passando vicino ad un pozzo, vide la luna riflessa nell’acqua. Pensando che fosse caduta dentro decise di salvarla. Prese un secchio lo legò ad una corda e lo buttò nel pozzo. Quando l’acqua fu ferma e vide la luna riflessa nel secchio cominciò a tirare con tutta la sua forza. Il secchio, salendo rimase, però, impigliato nella parete del pozzo. Allora Giufà si mise a tirare ancora con più forza e tirando, tirando spezzò la corda e finì a gambe all’aria e cadde a terra. Alzando gli occhi verso l’alto, per cercare un appiglio per rialzarsi, vide nel cielo la luna. La sua soddisfazione fu grande e disse a sé stesso ad alta voce: Sono caduto per terra e mi sono un po’ ammaccato, ma, in compenso, ho salvato la luna dall’annegamento!

Giufà e le uova Partendo per un lungo viaggio di lavoro, Giufà andò da un contadino per comprare delle uova sode per il viaggio. Ma, non avendo soldi a sufficienza, li chiese in prestito, promettendo di pagarli al ritorno. Giufà, però, si intrattenne lontano dal paese per alcuni anni, in quanto aveva trovato un lavoro che gli rendeva bene. Quando ebbe sufficienti monete d’argento si decise di tornare a casa, dove fu accolto festosamente da tutti. Il contadino che gli aveva venduto le uova sode, saputo anche che Giufà aveva fatto un po’ di soldi, si presentò a casa di Giufà per incassare il credito e gli cercò 500 dinari. Giufà, strabiliato per la richiesta esosa, si rifiutò di pagare e, vista l’insistenza del contadino, decise di rivolgersi ad un giudice. Fissato il giorno per l’udienza, il contadino si presentò dal giudice con puntualità, ma Giufà non si fece vedere. Quando tutti erano quasi spazientiti per l’attesa, Giufà giunse in tribunale.
Il Giudice cominciò l’udienza e per primo volle sentire il contadino, che disse: – Ho chiesto cinquecento dinari, perché, a suo tempo non mio pagò le dodici uova e non si fece più vedere. Ma da quelle uova, signor giudice se non le avessi lessato, sarebbero potuti nascere 12 pulcini, che una volta cresciuti avrebbero creato altri pulcini, che a loro volta avrebbero creato tante galli e galline da farmi un allevamento enorme. Il giudice sembrava convinto dalle ragioni del contadino, ma correttamente volle sentire le ragioni di Giufà e disse: – Giufà prima spiegami perché sei arrivato con tanto ritardo e poi fammi sentire le tue ragioni!
Giufà rispose: – Chiedo scusa per il ritardo signor giudice, ma a casa mi erano rimaste delle fave lessate e, allora, avevo deciso di piantarle nell’orto in modo da avere piante nuove per il raccolto del prossimo anno. Il giudice, già stufo per l’attesa, si arrabbiò molto e disse a Giufà con voce forte: – Sei uno stupido presuntuoso! Come fai a pensare che dalle fave cotte ti possa nascere una pianta? Mai sentita una cosa così!
Giufà, allora rispose sornione: – Ha ragione signor Giudice. Ma, perché non chiede al contadino come fanno a nascere dei pulcini da uova sode! Non le sembra più incredibile questa? Convinto dalle ragioni esposte con arguzia, il giudice fece vincere Giufà, che così pagò solo il costo di 12 uova sode.

Giufà è esistito? La storia di Nasreddin Khoja Curiosa, infine, è l’interpretazione di Giufà secondo la cultura turca. È lì che si afferma, infatti, che potrebbe essere esistito davvero, con il nome di Nasreddin Khoja, vissuto intorno al XIII secolo. Considerato come saggio e filosofo, egli appare anche nella letteratura del tasāwwuf (o del sufismo, la dimensione mistica dell’Islam).

Khoja, che secondo la tradizione pare aver esercitato la professione di qadi (o magistrato musulmano), viene ricordato non solo per aver raccontato, in vita, storie e aneddoti, ma per apparire in almeno un centinaio di favole popolari con scopo didattico o morale. Il personaggio è talmente famoso che ogni anno, tra il 5 e il 10 luglio, viene celebrato in quella che dovrebbe essere la sua città natale: Akşehir, dove si troverebbe anche la sua tomba. La cultura siciliana, araba e turca sono solo esempi di tradizioni legate profondamente ad un personaggio che, in fondo, ha un’unica origine. In realtà, Giufà esiste in tantissime altre culture popolari: lo si ritrova come Jugale in Calabria, come Vardiello in Campania. Il grande autore Italo Calvino, infine, dà il soprannome Giufà a Gurdulù, scudiero di Agilulfo ne Il cavaliere inesistente. Giufà, Khoja, Djehà, Jochà: tanti nomi per un personaggio solo che, piccolo o grande che sia, fa ridere grandi e piccini da generazioni intere. Una sagoma buffa ma allo stesso tempo educativa; una testimonianza vera e propria della cultura popolare, che tramite la tradizione orale, come già fatto in passato, si assicura così di sopravvivere nei secoli a venire. Sciocco e astuto, dunque Giufà: le due qualità sono inseparabili, l’una si rafforza con l’altra e viceversa; si scambiano vicendevolmente al fine di mettere alla berlina il potere unitamente alle comuni credenze sulla santità degli alti prelati.

Siamo tutti con Giufà in una sorta di ingenuo candore che è sagacia sferzante e non mera stoltezza.

Salvatore Battaglia

Presidente Accademia delle Prefi

Cultura

Pantelleria – Mensa scolastica, al via affidamento servizio di refezione

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Il Comune di Pantelleria, per mezzo di avviso pubblico, avvia il procedimento di acquisizione e selezione delle candidature finalizzate all’individuazione degli operatori per l’affidamento del servizio di mensa scolastica per gli alunni della Sezione della Scuola dell’Infanzia e della classe prima della Scuola Primaria dell’Istituto Omnicomprensivo di Pantelleria,  per l’anno scolastico 2024/2025.

Il documento integrale

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Cultura

Trapani, celebrazioni della Virgo Fidelis patrona dei Carabinieri, dell’83° della Battaglia di Culqualber e della Giornata dell’Orfano

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TRAPANI. CELEBRAZIONI DELLA VIRGO FIDELIS, PATRONA DELL’ARMA DEI CARABINIERI, DEL 83° ANNIVERSARIO DELLA “BATTAGLIA DI CULQUALBER” E

DELLA “GIORNATA DELL’ORFANO”

Si è appena conclusa, presso la Basilica Maria Santissima Annunziata “Madonna di Trapani”, la Santa Messa in onore della Virgo Fidelis, celeste Patrona dell’Arma dei Carabinieri.

Alla messa, celebrata dal Vescovo di Trapani, S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, hanno partecipato il Vicario del Prefetto di Trapani, Dott.ssa Laura Pergolizzi, il Questore di Trapani, Dott. Giuseppe Felice Peritore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Colonnello Mauro Carrozzo, il sindaco di Trapani, altre autorità Civili e Militari, i vertici delle Forze di Polizia e Vigili del Fuoco oltre ai parenti dei caduti e delle vittime del dovere La scelta della Madonna “Virgo Fidelis”, come celeste patrona dell’Arma, è indubbiamente ispirata alla fedeltà che, propria di ogni soldato che serve la Patria, è caratteristica dell’Arma dei Carabinieri che ha per motto: “Nei Secoli Fedele”.
L’8 Dicembre 1949 Sua Santità Pio XII di v.m., accogliendo l’istanza dell’Ordinario Militare d’Italia, S.E. Mons. Carlo Alberto di Cavallerleone, proclamava ufficialmente Maria “Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri”, fissandone la celebrazione liturgica il 21 Novembre, in concomitanza della presentazione di Maria vergine al Tempio. La celebrazione di questa giornata è concomitante con la ricorrenza della Battaglia di Culqualber e la giornata dell’orfano.

LA BATTAGLIA DI CULQUALBER

Il 21 Novembre 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbe luogo una delle più cruente battaglie in terra d’Africa, nella quale un intero Battaglione di Carabinieri si sacrificò nella strenua difesa, protrattasi per tre mesi, del caposaldo di Culquaber. Alla bandiera dell’Arma dei Carabinieri fu conferita, per quel fatto d’arme, la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare, dopo quella ottenuta nell’occasione della partecipazione alla Prima Guerra Mondiale.

GIORNATA DELL’ORFANO

Istituita nel 1996, rappresenta per i Carabinieri e per l’ ONAOMAC un sentito momento di vicinanza alle famiglie dei colleghi scomparsi. L’Opera Nazionale di Assistenza per gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri (O.N.A.O.M.A.C.), Ente morale fondato il 15 maggio 1948, si propone di assistere gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri di qualsiasi grado. Oggi l’ O.N.A.O.M.A.C. assiste circa 1000 orfani, a ciascuno dei quali eroga un sostegno semestrale, distinto per fasce d’età, sino al compimento degli studi.

L’assistenza agli orfani disabili è a vita.

Per eventuali donazioni in favore degli orfani: C/C bancario n. 121 B.N.L. IBAN IT77Z0100503344000000000121

C/C postale n. 288019 IBAN IT35Z0760103200000000288019

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Palermo, Ti l’Eggo: mostra ed estemporanea di Salvo Nero da Artètika. Quando il narcisismo diventa arte

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Durante la mostra l’artista realizzerà un’opera dedicata al fil rouge che unisce chi si ama
Perfetto ma non troppo, perché ogni dettaglio fuori posto fa la differenza, rendendo d’impatto un’opera dal tratto rotondo. È la caratteristica principale dello stile del pittore, fumettista, grafico e writer Salvo Nero, diviso tra il narcisismo del proprio ego e il romanticismo del legame invisibile e indissolubile che unisce due innamorati. Da venerdì 22 novembre a sabato 7 dicembre, sarà in mostra con Ti l’Eggo da Artètika, spazio espositivo per l’anima, in via Giorgio Castriota, 15 a Palermo. Il vernissage avverrà venerdì 22, alle ore 18,30, alla presenza dell’artista, delle galleriste Gigliola Beniamino e Esmeralda Magistrelli, del curatore, l’architetto Giorgio Lo Stimolo e del critico Massimiliano Reggiani. La mostra sarà visitabile dal lunedì al sabato, dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 19,30. Ingresso libero. Sponsor d’arte Birra Forst e Tenute Cinquanta.

Le opere in mostra per Ti l’Eggo di Salvo Nero da Artètika

Saranno trenta le opere di Salvo Nero, in mostra da Artètika per Ti l’Eggo, di varie misure, su tela, su carta e una piccola scultura. La trentunesima opera sarà realizzata in estemporanea, a partire da una tela bianca, dal giorno del vernissage a quello della chiusura dell’esposizione e sarà ispirata al fil rouge, invisibile agli occhi, che unisce chi si ama. Ci sono ritratti che emergono da fogli protocollo, tutti scarabocchiati con tanto di lista della spesa, pennelli sporchi di colore, blatte che camminano sopra lettere d’amore amare. Opere bruciate, strappate o fintamente bruciate, strappate, sporcate e stropicciate. Uova al tegamino, lampadine e mandarini, pacchi di posta, oggetti quotidiani che diventano arte. Divertente, ammiccante, riflessiva.

“Poliedrico, un po’ grafico, un po’ pubblicitario, molto artista. Salvo Nero comunica i suoi stati d’animo con una enorme facilità nel farsi capire da tutti. Dal dolore di un cuore spezzato al riguardo per l’ambiente con i racconti degli incendi” commenta la gallerista Gigliola Beniamino Magistrelli. “Oltre alla maestria del disegno – aggiunge il curatore Giorgio Lo Stimolo -, c’è molto di più, una mano, la scioltezza di chi l’arte del tratto la possiede. Un incontestabile virtuosismo, un accenno un po’ beffardo che dice guardami lo so fare, è nella mia natura. Provocatorio e talentuoso”.

Chi è Salvo Nero

Salvo Nero, pittore autodidatta palermitano classe 1984 è stato stimolato inizialmente dai cartoni animati e dai pittori della sua città natale. La sua fibra creativa si sveglia molto presto attraverso il disegno che non lascerà mai più. Si orienta verso studi di grafica pubblicitaria e si cimenta sui muri della sua città, trovando nel writing un modo d’espressione libero. Attraverso i fumetti e la scoperta dello statunitense Geof Darrow, s’innamora del dettaglio, che diviene una caratteristica essenziale della sua opera. In seguito, lascia il limite delle vignette per donarsi all’acquarello, olio e, infine, l’acrilico, che diviene il suo mezzo principale. Attraverso i disegni della pittrice inglese Jenny Saville s’innamora dell’artista conterraneo Lucian Freud. S’interessa alla pittura del reale e si dedica al grande formato, una formula che gli assicura riconoscimento e diverse mostre monografiche. Si divide tra Palermo e Cardiff, due città in cui vive e lavora attualmente.

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