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Cultura

La chiesa del Rosariello nella Città Murata / 1

Orazio Ferrara

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Dov’era ubicata la Chiesa del Rosariello? Fuori o dentro la Città Murata?

Questa chiesa del Santissimo Rosario o meglio del “Rosariello”, dall’affettuoso vezzeggiativo con cui era chiamata da tempo immemore dai militi della guarnigione del castello di Pantelleria, ci ha dato non poco filo da torcere per la sua esatta ubicazione.
Sì, perché da alcune carte e testimonianze sembrava essere ubicata all’interno della Città Murata presso il castello, da altre carte e testimonianze, pur esse affidabili, invece veniva posta nelle vicinanze dell’attuale piazza Cavour, quindi fuori dalle antiche mura cittadine.

Il mistero della chiesa del Rosariello

Il mistero è stato poi risolto quando abbiamo accertato, documentalmente, che in un dato momento storico in Pantelleria vi erano ben due chiese dedicate al SS Rosario. Una vecchia e in seguito in disuso, appunto il Rosariello presso il castello, ed una nuova nell’attuale piazza Cavour, anche quest’ultima, per un certo periodo, in uso ai soldati del castello. Per la verità ce ne dovrebbe essere una terza e dovrebbe essere la chiesa-cappella “dentro il castello”, come si evince da un’antica planimetria dello stesso e da un documento ottocentesco, Andiamo con ordine e cominciamo dalla più antica, quella del Rosariello, che risaliva alla seconda metà del ‘500 ed era l’unica insistente dentro il perimetro della Città Murata, mentre le altre due coeve erano la Matrice o del SS Salvatore appena fuori Porta Marina e la Margana posta in aperta campagna sulla strada per Bukkuram.

Già allora alla fine della discesa dell’altra porta cittadina vi era il cimitero “extra moenia” di San Nicolò, su quel posto sorgerà poi l’omonima chiesa dei marini. Bisognerà aspettare la metà del ‘700 per veder costruite in Pantelleria altre chiese quali Beata Maria della Concezione, Beata Maria dell’Assunzione, Anime del Purgatorio e Beata Maria de Lumina.

La dedica dei soldati spagnoli

Probabilmente la chiesa del Rosariello era già preesistente sebbene sotto altra dedicazione. Furono i soldati spagnoli della guarnigione a dedicarla al SS Rosario a ricordo della loro recente vittoria, unitamente agli altri collegati cristiani della Lega Santa, sull’armata navale turchesca nelle acque di Lepanto il 7 ottobre del 1571.

La tremenda sconfitta subita dai temuti corsari barbareschi non era cosa da poco, soprattutto per Pantelleria che negli anni precedenti aveva subito terribili e devastanti incursioni, che l’avevano quasi spopolata. Ci si consacrava quindi soldati e popolazione alla Madonna del Rosario detta anche della Vittoria contro i feroci nemici di sempre. Questa del Rosariello (Ecclesia Sanctissimi Rosarij) fu la chiesa d’elezione dei militari dell’isola e sarà di preferenza la loro ultima dimora (vi venivano inumati anche i loro familiari) per tutto il Seicento e fino alla metà del Settecento.

La ristrutturazione

La chiesa venne grandemente beneficata e ristrutturata dal

famoso corsaro spagnolo il capitano Alonso de Contreras nell’anno 1628, quando lo stesso era governatore e castellano di Pantelleria. Intorno alla metà del Settecento la chiesa del Rosariello si trovava ormai in condizioni disastrose, quasi diruta, per cui i militi del castello premevano verso i propri superiori per una sua radicale ristrutturazione.

Se ne fecero carico don Francisco Masnata, tenente colonnello degli eserciti di Sua Maestà borbonica Ferdinando IV e in quel tempo governatore dell’isola, e i rettori militari della chiesetta, che erano l’alfiere Benedetto Salsedo (per inciso, diretto ascendente, per parte di madre, dell’estensore di queste note) e il magnifico don Giovanni Valenza. Tutti i militi parteciparono generosamente alle spese.

(continua – 1)

Orazio Ferrara

Cultura

È tempo della raccolta dei babbalùci, barbani, crastuna, ‘ntuppateddi

Direttore

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… Chiamale come vuoi! Sono sempre le lumache siciliane “Ziti a vasàri e babbalùci a sucàri nun pònnu mai saziàri” (innamorate da baciare e lumachine da succhiare non possono mai saziare) La Sicilia, patria per eccellenza dell’umidità, ospita molte chiocciole nel suo territorio; il più delle volte in zone boschive dove i più determinati vanno alla ricerca non solo di funghi ma anche appunto di babbalùci. D’altronde era impensabile credere che il dialetto non avesse coniato una parola a sé per definire questi simpatici animali con il guscio sempre sulle spalle. Non è così? In verità l’origine del termine non è propriamente sicula, anzi.

Il sostantivo è stato importato nelle coste dell’isola dall’antica Grecia, nella cui lingua boubalàkion (βουβαλακιον) significava sia lumaca che bufalo, dal momento che entrambi gli animali avevano delle corna sulla testa. Nella Trinacria il suono era stato modificato e si era evoluto in buvalàci, rimanendo tale per alcuni secoli. Le lumache, insieme a pochi altri molluschi, potrebbero occupare un posto d’onore nella storia del cibo; dalla preistoria hanno sempre fatto parte dell’alimentazione dell’uomo fino ad arrivare ai giorni nostri. Simbolo della transizione della storia umana dalla caccia alla pastorizia, Le lumache rappresentano il primo esempio di allevamento che non richiede equipaggiamenti speciali, non è rischioso e la carne che ne deriva ha un ottimo sapore e un buon valore nutritivo. Ufficialmente la lumaca debuttò nella storia scritta per mano di Sallustio (87-35 a.C.), il quale racconta un simpatico aneddoto su un soldato ligure che, grazie alla sua smodata passione per le lumache, riuscì a trovare una via d’accesso per il tesoro di Giugurta facendo risultare vincente una delle più spericolate imprese belliche romane.

Le lumache nella storia

Le lumache erano tenute in grande considerazione sia da Greci che dai Romani – abili allevatori – che le nutrivano con mollica, sapa e foglie di alloro considerandole cibo di lusso. Nonostante ciò si potevano trovare anche nelle osterie frequentate dai ceti popolari dove se ne servivano per aumentare le vendite di vino, perché, raccontano le cronache dell’epoca, chi mangiava molte lumache beveva anche molto vino.

La richiesta delle lumache era tale che, così come narra Plinio, un certo Fulvio Lippino nella sua proprietà di Tarquinia realizzò dei vivai destinati ad allevare lumache di differenti specie; in questo modo poteva tenere separate le lumache bianche (che nascono nella campagna di Rieti), le illiriche che si distinguono da una grandezza straordinaria, le africane (molto feconde) e le soletane.
L’idea fu ben presto copiata e, per poterne disporre a piacimento, si allevavano le lumache in recinti vicino casa. Un suggerimento intrigante su come cucinarle arriva da Apicio, grande cuoco dell’impero che, nel celebre “De re coquinaria”, consigliava di tagliare l’opercolo per far risvegliare le lumache e di nutrirle per un solo giorno con latte e sale e solo latte nei giorni successivi. Ogni ora le lumache andavano pulite dagli escrementi e quando, ingrassate al punto da non essere più contenute nel guscio, si friggevano e si condivano con il garum (una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato) mescolato al vino. In Italia, con la caduta dell’Impero Romano, la lumaca perde la sua valenza di cibo godereccio ed esce dalle osterie.
Chiusi gli allevamenti, le lumache continuano ad essere mangiate solo da chi va a cercarle nei campi, soprattutto dopo i primi acquazzoni primaverili o autunnali.
Da allora la lumaca è rimasta presente nell’alimentazione italiana solo tra le popolazioni rurali e montane, le quali non hanno mai smesso di raccoglierle per tenere viva la gastronomia siciliana elaborando in ogni regione ricette di lumache, spesso uniche. Negli ultimi decenni la riscoperta dei cibi della tradizione ha rilanciato anche il consumo delle lumache e i tabù gastronomici ad esse relative si sono affievolite tanto che, con la nascita dell’elicicoltura moderna – l’allevamento a ciclo biologico completo per sopperire, attraverso una produzione gestita e controllata, la diminuzione e la mancanza del prodotto – c’è stata una crescita costante dei consumi. Si è passati da un volume di 20.000 tonnellate di vendita (nel 1980) ad una stima di 320.000 tonnellate nell’anno 2000.
La mia esperienza personale è sempre legata alla mia terra di origine, la Sicilia. Sin da bambino ho sempre mangiato le lumache raccolte nei monti Iblei (piccole e marroni); nella mia memoria “ il periodo delle lumache” (tra fine ottobre e inizio novembre) era una vera e propria festa; ricordo ancora i pentoloni enormi in cui venivano lasciate spurgare per giorni così da poterle preparare per il pranzo della domenica. In Sicilia si cucinano con passata di pomodoro e cipolle, come le preparava la zia Maria e come le faceva mio nonno.

Le lumache della zia Maria

INGREDIENTI:
3 kg di lumache – 1 litro di passata di pomodoro – sedano, carote e cipolla per il soffritto – peperoncino – olio extravergine di olive – sale q.b.

Per lo spurgo: Le lumache una volta raccolte devono essere lasciate in un contenitore pulito, areato e chiuso da tutti i lati perché gli animaletti non escano. Devono essere lasciate spurgare in questo modo per qualche giorno. Quando le lumache si chiudono nel loro guscio formando la pellicina bianca sono pronte per essere cucinate.
In seguito, le lumache vengono spostate in una bacinella piena di

acqua tiepida, dove usciranno dal guscio e verranno lavate e ripulite a mano da tutte le scorie. Così pulite, le lumache vengono trasferite in una bacinella asciutta di plastica o di ceramica ben capiente e in cui vengono cosparse da sale grosso, e poi mescolate rapidamente ma delicatamente.

Ricordo che mio nonno le girava dentro una bacinella di zinco smaltata (quelle che venivano usate per lavare i panni), e mia nonna che disapprovava tutti i procedimenti di suo marito. A questo punto le lumache potevano di nuovo essere lavate in acqua tiepida e poi messe in cottura nel sugo, con sedano, carota e cipolla soffritti per 20 minuti. Il detto della nonna Marianna… “cu mancia babaluci e vivi acqua, sunati li campani picchì è mortu”, ovvero mai bere acqua per accompagnare questo piatto. Il mio primo ricordo dei Babbaluci è semplicemente una canzone,

Mio padre Vanninu Testarossa u Varbieri ri l’Archi oltre a fare il mestiere di barbiere si dilettava a cantare e suonare la chitarra durante piccole ricorrenze nel nostro quartiere. Un brano molto richiesto e che suscitava anche mote risate era dedicato ai Babbaluci…e che lui amabilmente lo eseguiva. Riporto qui per i più che lo sconoscono il testo integrale

I BABBALUCI

Vidi chi dannu ca fannu i babbaluci ca cu li corna ammuttano i balati, su unn‘era lestu a jittarici na vuci vidi chi dannu ca facianu i babbaluci.
C’era na vota, na vota un muraturi ca lu travagliu ah nun putia truvari e priava sempri a Santu Cuttufatu truvau u travagliu e cadiu do fabbricatu.
C’era na vota, na vota un surdatu aviu l’ugnu du pedi ‘mpussunatu e priava sempri a Santu Gabrieli ci guariu l’ugnu e ci cadiu lu pedi.
C’era na vota na vota un vicchiareddu, ca avia lu sceccu ‘anticchia attuppateddu e priava u disgraziatu ‘nginucchiuni si stuppa u sceccu e s’attuppau u patruni. Lu tavirnaru di l’Abbaddarò avia tri giorni ca un putia pisciari e priava a Santu Cuttufatu pisciò vintitrì litri di moscatu.

Salvatore Battaglia
Accademia delle Prefi

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Palermo, al via III edizione del Premio Letterario-Giornalistico “Nadia Toffa”: 30 novembre all’ex Oratorio SS. Elena e Costantino

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A Palermo la terza edizione del Premio Letterario- Giornalistico “Nadia Toffa” a cura dell’associazione “Archetipa”. Appuntamento sabato 30 novembre all’ex Oratorio SS. Elena e Costantino

Giunge alla terza edizione il Premio Letterario Giornalistico “Nadia Toffa”, in memoria della conduttrice televisiva e giornalista de “Le Iene” prematuramente scomparsa nel 2019.

Ideato dall’associazione “Archetipa” presieduta da Antonietta Greco con l’obiettivo di promuovere la creatività in ambito letterario e giornalistico, il Premio rappresenta anche un’occasione di confronto sulla condizione della donna nello scenario contemporaneo, tra conquiste, conflitti e obiettivi da raggiungere.

Sarà ancora una volta Palermo a ospitare la cerimonia di premiazione, che si terrà sabato 30 novembre all’ex Oratorio SS. Elena e Costantino, in piazza della Vittoria 23, a partire dalle 10:00.

L’evento, presentato da Antonietta Greco e Miriam Galletti, sarà moderato dalla giornalista Marianna La Barbera e vedrà la partecipazione, in qualità di ospiti, dell’europarlamentare Giuseppe Antoci, presidente della Commissione Politica DMED, dei giornalisti Federica Angeli e Massimo Giletti, del deputato all’ARS e giornalista Ismaele La Vardera  e del presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia Roberto Gueli.

Sono quindici i libri selezionati dalla giuria, guidata da Antonietta Greco, tra le opere giunte nei mesi scorsi da tutta Italia.

 A contendersi il Premio sono Federica Angeli, Giuliana Covella, Giankarim De Caro, Raffaella Fanelli, Antonio Fiasconaro, Beatrice Galluzzi, Gennaro Giudetti, Angela Iantosca, Diana Ligorio, Lucio Luca, Sara Lucaroni, Bianca Lucia Mazzei, Gino Pantaleone, Raffaella Rossi, Elena Saviano e Luisa Trimarchi.

Tante le novità di quest’anno, a partire dalla sinergia con la Confederazione Italiana Esercenti Commercianti Sicilia: tra coloro che consegneranno i riconoscimenti, figura anche il presidente regionale dell’associazione di categoria Salvatore Bivona.

L’organizzazione dell’evento ha previsto anche la consegna di alcuni Premi speciali a opere che si sono distinte per i contenuti di promozione sociale e legalità.

Tra i partners dell’edizione 2024 – patrocinata dall’Assemblea Regionale Siciliana, dal Comune di Palermo e dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia – ci sono il Lions Club Palermo Monte Pellegrino, l’Associazione Siciliana Leucemie e Tumori Infantili, l’ASD Sea Sails and Scuba, l’ASD Piume d’argento, L’Abbeveratoio, Siciliando, Biancaeva, Vitalba Canino, ESFO, Margi Soprana Marmi, BCsicilia e “Centro d’arte Raffaello”.

Quest’ultimo donerà all’associazione “Archetipa” un ritratto di Nadia Toffa realizzato dall’artista palermitano Marco Favata, nome di punta della galleria palermitana che vede alla direzione artistica Sabrina Di Gesaro.

Durante i lavori, ci sarà spazio anche per la proiezione di alcune scene del film “Scianèl”, che sarà insignito dalla direttrice dell’ Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna di Trapani Rosanna Provenzano.

Prevista la partecipazione del direttore dell’Istituto Penale per Minorenni di Palermo Clara Pangaro e del funzionario della professionalità pedagogica Laura Costa che ha collaborato, insieme all’equipe, alla realizzazione della pellicola, la cui sceneggiatura è stata realizzata dai giovani ristretti del “Malaspina”.

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Tutto pronto per Dolcemente Castelbuono: dolci degustazioni il 6, 7, 8 e 14, 15 dicembre

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Dolcemente Castelbuono 2024

Tutto pronto per Dolcemente Castelbuono, il ricco e dolce appuntamento di fine anno in programma per il 6, 7, 8 e 14, 15 dicembre prossimi nel borgo madonita. Degustazioni di dolci tipici, spettacoli e animazione per i più piccoli per vivere un magico Natale. In più, una serata speciale per brindare al Capodanno.

 

 

Sarà ancora una volta Dolcemente Castelbuono. Torna, infatti, anche quest’anno la grande festa dei sapori del territorio madonita, tra musica, spettacoli e attrazioni varie dedicate a tutta la famiglia. Organizzata dall’associazione Baz’Art Sicilia, con il patrocinio del Comune di Castelbuono e il contributo dell’Assessorato Regionale al Turismo, Sport e Spettacolo, l’edizione 2024 di Dolcemente Castelbuono si terrà nei giorni 6, 7, 8 e 14, 15 dicembre con una conclusione speciale martedì 31 dicembre.

Nel borgo medievale di Castelbuono si rivivranno le tradizioni di Natale in un’atmosfera magica fatta di vicoli, gesti e golosità per tutte le età. Si potrà gustare gratuitamente il dolce tipico di Castelbuono ossia la Testa di Turco, il noto dessert al cucchiaio composto da sfoglie fritte che si alternano a strati di crema al latte aromatizzata al limone e poi cosparsi con cannella in polvere. Un dolce dall’origine antica, preparato per la prima volta per festeggiare la vittoria dei Normanni sugli Arabi.

Passeggiando tra le stradine del centro storico ci si potrà soffermare nelle tante bancarelle crepes, succhi freschi di melograno e mango, cioccolata calda e vin brûlé, biscotti e dolci tipici, panettoni, vini fermi e bollicine per una piacevole esperienza di gusto, mentre nella chiesa del SS. Crocifisso sarà possibile ascoltare la viva voce degli artigiani dolciari nel corso dei talk in cui non mancheranno le premiazioni di chi si è saputo distinguere per l’eccellenza della propria produzione.

«Per il terzo anno consecutivo, Baz’Art Sicilia è lieta di collaborare con il Comune di Castelbuono per il Dolcemente Castelbuono, evento che celebra dolci, artigianato e tartufo siciliano. Quest’anno – annuncia il presidente, Simona D’Angelo – siamo onorati di assegnare riconoscimenti a eccellenze della pasticceria, promuovendo tradizione e creatività, valori che rendono unica la nostra terra».

 

Cibo, ma anche artigianato e spettacoli

Dolcemente Castelbuono sarà anche l’occasione per poter fare degli acquisti natalizi. In via Sant’Anna, infatti, si terrà il Mercatino di Natale dove sarà possibile trovare dell’interessante artigianato artistico accanto ai cibi che più caratterizzano lo street food siciliano, creme spalmabili, tartufi delle Madonie, piante aromatiche e tisane. L’atmosfera sarà accompagnata da una filodiffusione di musiche natalizie, creando un’esperienza di shopping unica.

«Con l’evento “Dolcemente Castelbuono”, intendiamo non solo celebrare la nostra ricca tradizione pasticcera, ma anche promuovere e valorizzare l’economia locale – dichiara Dario Guarcello, assessore comunale al turismo-. Invitando i visitatori a degustare i prodotti dei nostri produttori, offriamo un’opportunità concreta per sostenere il tessuto produttivo del territorio e contribuire alla crescita economica di Castelbuono. A dicembre, vi invitiamo a partecipare numerosi e a scoprire le eccellenze enogastronomiche della nostra comunità».

 

Dolcemente Castelbuono per i più piccoli

Per il pubblico dei bambini sono stati programmati degli appuntamenti da non perdere: vi saranno il truccabimbi, i laboratori creativi e la distribuzione gratuita di caramelle. Babbo Natale e il Grinch si rincorreranno divertendo i più piccoli che, presso l’ufficio postare di Babbo Natale, potranno anche scrivere o disegnare la letterina da spedire direttamente al polo nord. Artisti di strada, giocolieri, trampolieri e performance di bolle giganti animeranno, poi, sia a Piazza Margherita che a Piazza Castello, contribuiranno a dare un tocco di meraviglia alla manifestazione

 

Gran Finale di Capodanno

La manifestazione si concluderà con uno speciale evento di Capodanno in Piazza Castello il 31 dicembre, a partire dalle ore 21.00, per brindare alla fine dell’anno con un concerto ed in compagnia delle tradizioni dolciarie di Castelbuono. Un ricco programma di iniziative, dunque, quello di Dolcemente Castelbuono che consentirà ai visitatori di gustare la bontà delle tante produzioni che caratterizzano questo borgo rurale delle Madonie e allo stesso di lasciarsi incantare dalla bellezza delle sue viuzze e degli edifici, immersi nelle sue atmosfere lente e rilassanti. 

Il programma completo è consultabile sul sito www.dolcementecastelbuono.it

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