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Cultura

Pantelleria, c’è una dea, al Lago

Redazione

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Dalle più antiche civiltà di cui abbiamo notizia storica emerge il culto di una Dea Madre, in cui si accomunano Eros, fertilità, forza, guerra e fascino .

Si narra che i Sumeri siano stati i costruttori della prima, o una delle prime, culture sedentarie e territoriali all’origine dell’evoluzione del mondo occidentale, anche se collocate nel mondo mesopotamico e quindi più a oriente del Mediterraneo.
In quella regione dove scorrono i mitici fiumi Tigri ed Eufrate, poco più a sud della catena del Caucaso che chiude l’Europa, e dove si favoleggia che si trovino i resti dell’arca  (Monte Ararat?) che salvò le specie del regno animale durante il diluvio universale di biblica memoria.

Lì si stanziarono i Sumeri, inventori della scrittura, della primordiale pila elettrica e delle forme piramidali delle costruzioni umane. I Sumeri seppero anche compilare i primi codici legislativi per il vivere collettivo comune e, sfruttando i terreni irrigui, coltivare produzioni alimentari straordinarie, tra cui le lenticchie, anch’esse citate come cibo antichissimo nel Vecchio Testamento.
Statuine fittili sumeriche ritraggono la Dea Madre in forme prosperose e in posa rilassata e d’attesa.
A raffinare ed esaltare la sua figura pensarono poi non tanto la cultura ebraica, quanto gli Egizi, i Fenici e i Greci antichi. Vero è, tuttavia, che lo stesso re Salomone le costruì un tempio a Gerusalemme, su spinta delle sue numerose mogli.
Ognuno di questi popoli determinò un proprio Olimpo di dei e semidei, a volte sacralizzandoli con nomi diversi ma con modeste e vaghe  differenze.
Ciò vale per Ishtar/Astarte, Hera/Giunone e Afrodite/Venere, ed altre divinità.

In particolare per Tanit, la dea dai mille nomi, il cui culto, partito dalle coste della Fenicia, ebbe straordinari sviluppi in tutti i luoghi colonizzati dagli stessi naviganti cananei nel Mediterraneo occidentale, in Africa settentrionale, in Sardegna e in Sicilia.
Ovviamente, in mezzo a queste terre si trovava Hiranim, l’isola dei fenicotteri, la piccola e fertile terra ombelico del Mare Nostro,e qui la ritroviamo come nume principale, a cui erano dedicate raffigurazioni monetarie, incisioni, are e templi.
Uno di questi templi giace ancora,con le sue rovine riscontrate dal grande Paolo Orsi sulle rive del lago, oggi ufficialmente “Specchio di Venere”, e nella parlata dialettale italianizzata “Bagno dell’acqua”.
 Era in forma e stile ionico, e quindi con capitelli a volute; e la sua presenza doveva fortemente colpire, di roccia nera, nel verde e accanto all’acqua celeste lacustre.

Il mito e il Tempio della fertilità

Tanit, il cui simbolo stilizzato corrisponde ad un triangolo isoscele intersecato in sommità da una breve linea retta sormontata da un disco, raffigurazione lampante di una figura femminile a braccia tese con testa come Sole (o meglio Luna piena) era una bellissima dea,dai caratteri giunonici e venerei, rappresentante della fertilità, che si era innamorata di Apollo, il bello dell’Olimpo, il Robert Redford o Richard Gere dell’epoca.
Costui, pur ammirandola, si fece sedurre solo quando le chiese, per ubriacarsi, dell’Ambrosia divina.
La dea accettò la sfida ma gli diede da bere non Ambrosia ma il più dolce vino pantesco.
L’episodio divenne famoso perché descritto dallo scrittore francese Gustave Flaubert nella sua opera “Salommbe’” (1862).
Da allora la fusione fra mito e realtà, con la celebrazione planetaria del mosto di Pantelleria, ottenuto da uve zibibbo (moscatellone d’Alessandria d’Egitto)

Le fondamenta del tempio rimangono esposte al tempo e alle intemperie a pochi metri dal lago o specchio di Tanit o Venere da circa 3000 anni finché il firmamento vorrà, per consentire alla dea di farsi bella prima dell’incontro con l’amante sui cieli dell’Olimpo.
E, per quel che ci riguarda, non siamo a conoscenza di campagne di scavi archeologici previste e programmate.
Al crocevia principale dei mari del mondo antico, era frequentato e raggiunto dai naviganti che passavano dall’oriente all’occidente, dalla sponda africana alla sponda europea; vi si praticava la cosiddetta prostituzione rituale in omaggio alla fertilità, alla seduzione e all’amore.
Unica nota finale, non impropria.

La dea non dava i propri figli ai padri, ne’ la prostituzione rituale lo rendeva possibile alle vestali, in suo onore.
E ciò dava la certezza che non sarebbero stati sacrificati agli dei per ottenerne benefici. 
 Come succedeva altrove, Cartagine e Mozia comprese.

I tesoretti

Quanto descritto sul legame fra Tanit e l’isola è ancora di più avvalorato dai numerosi ritrovamenti di ‘tesoretti’ di monete bronzee, del conio isolano, raffiguranti il viso della Dea in foggia egizia o con i capelli raccolti da spighe, e sul verso teste e figure intere di cavallo.
Tali ritrovamenti sono avvenuti più volte, anche negli anni 2000, soprattutto al largo di Gadir e di Cala Tramontana, evidentemente scali frequentatissimi in antico. Le monete sono riconducibili al terzo secolo avanti Cristo, ovvero alle guerre puniche. Tanto che qualche storico ipotizza che fossero parte naufragata o affondata militarmente dei contributi finanziari della città stato di Hiranim all’alleata Cartagine, consorella etnica e politica.

Enzo Bonomo

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Cultura

Pantelleria – Mensa scolastica, al via affidamento servizio di refezione

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Il Comune di Pantelleria, per mezzo di avviso pubblico, avvia il procedimento di acquisizione e selezione delle candidature finalizzate all’individuazione degli operatori per l’affidamento del servizio di mensa scolastica per gli alunni della Sezione della Scuola dell’Infanzia e della classe prima della Scuola Primaria dell’Istituto Omnicomprensivo di Pantelleria,  per l’anno scolastico 2024/2025.

Il documento integrale

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Cultura

Trapani, celebrazioni della Virgo Fidelis patrona dei Carabinieri, dell’83° della Battaglia di Culqualber e della Giornata dell’Orfano

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TRAPANI. CELEBRAZIONI DELLA VIRGO FIDELIS, PATRONA DELL’ARMA DEI CARABINIERI, DEL 83° ANNIVERSARIO DELLA “BATTAGLIA DI CULQUALBER” E

DELLA “GIORNATA DELL’ORFANO”

Si è appena conclusa, presso la Basilica Maria Santissima Annunziata “Madonna di Trapani”, la Santa Messa in onore della Virgo Fidelis, celeste Patrona dell’Arma dei Carabinieri.

Alla messa, celebrata dal Vescovo di Trapani, S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, hanno partecipato il Vicario del Prefetto di Trapani, Dott.ssa Laura Pergolizzi, il Questore di Trapani, Dott. Giuseppe Felice Peritore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Colonnello Mauro Carrozzo, il sindaco di Trapani, altre autorità Civili e Militari, i vertici delle Forze di Polizia e Vigili del Fuoco oltre ai parenti dei caduti e delle vittime del dovere La scelta della Madonna “Virgo Fidelis”, come celeste patrona dell’Arma, è indubbiamente ispirata alla fedeltà che, propria di ogni soldato che serve la Patria, è caratteristica dell’Arma dei Carabinieri che ha per motto: “Nei Secoli Fedele”.
L’8 Dicembre 1949 Sua Santità Pio XII di v.m., accogliendo l’istanza dell’Ordinario Militare d’Italia, S.E. Mons. Carlo Alberto di Cavallerleone, proclamava ufficialmente Maria “Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri”, fissandone la celebrazione liturgica il 21 Novembre, in concomitanza della presentazione di Maria vergine al Tempio. La celebrazione di questa giornata è concomitante con la ricorrenza della Battaglia di Culqualber e la giornata dell’orfano.

LA BATTAGLIA DI CULQUALBER

Il 21 Novembre 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbe luogo una delle più cruente battaglie in terra d’Africa, nella quale un intero Battaglione di Carabinieri si sacrificò nella strenua difesa, protrattasi per tre mesi, del caposaldo di Culquaber. Alla bandiera dell’Arma dei Carabinieri fu conferita, per quel fatto d’arme, la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare, dopo quella ottenuta nell’occasione della partecipazione alla Prima Guerra Mondiale.

GIORNATA DELL’ORFANO

Istituita nel 1996, rappresenta per i Carabinieri e per l’ ONAOMAC un sentito momento di vicinanza alle famiglie dei colleghi scomparsi. L’Opera Nazionale di Assistenza per gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri (O.N.A.O.M.A.C.), Ente morale fondato il 15 maggio 1948, si propone di assistere gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri di qualsiasi grado. Oggi l’ O.N.A.O.M.A.C. assiste circa 1000 orfani, a ciascuno dei quali eroga un sostegno semestrale, distinto per fasce d’età, sino al compimento degli studi.

L’assistenza agli orfani disabili è a vita.

Per eventuali donazioni in favore degli orfani: C/C bancario n. 121 B.N.L. IBAN IT77Z0100503344000000000121

C/C postale n. 288019 IBAN IT35Z0760103200000000288019

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Cultura

Palermo, Ti l’Eggo: mostra ed estemporanea di Salvo Nero da Artètika. Quando il narcisismo diventa arte

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Durante la mostra l’artista realizzerà un’opera dedicata al fil rouge che unisce chi si ama
Perfetto ma non troppo, perché ogni dettaglio fuori posto fa la differenza, rendendo d’impatto un’opera dal tratto rotondo. È la caratteristica principale dello stile del pittore, fumettista, grafico e writer Salvo Nero, diviso tra il narcisismo del proprio ego e il romanticismo del legame invisibile e indissolubile che unisce due innamorati. Da venerdì 22 novembre a sabato 7 dicembre, sarà in mostra con Ti l’Eggo da Artètika, spazio espositivo per l’anima, in via Giorgio Castriota, 15 a Palermo. Il vernissage avverrà venerdì 22, alle ore 18,30, alla presenza dell’artista, delle galleriste Gigliola Beniamino e Esmeralda Magistrelli, del curatore, l’architetto Giorgio Lo Stimolo e del critico Massimiliano Reggiani. La mostra sarà visitabile dal lunedì al sabato, dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 19,30. Ingresso libero. Sponsor d’arte Birra Forst e Tenute Cinquanta.

Le opere in mostra per Ti l’Eggo di Salvo Nero da Artètika

Saranno trenta le opere di Salvo Nero, in mostra da Artètika per Ti l’Eggo, di varie misure, su tela, su carta e una piccola scultura. La trentunesima opera sarà realizzata in estemporanea, a partire da una tela bianca, dal giorno del vernissage a quello della chiusura dell’esposizione e sarà ispirata al fil rouge, invisibile agli occhi, che unisce chi si ama. Ci sono ritratti che emergono da fogli protocollo, tutti scarabocchiati con tanto di lista della spesa, pennelli sporchi di colore, blatte che camminano sopra lettere d’amore amare. Opere bruciate, strappate o fintamente bruciate, strappate, sporcate e stropicciate. Uova al tegamino, lampadine e mandarini, pacchi di posta, oggetti quotidiani che diventano arte. Divertente, ammiccante, riflessiva.

“Poliedrico, un po’ grafico, un po’ pubblicitario, molto artista. Salvo Nero comunica i suoi stati d’animo con una enorme facilità nel farsi capire da tutti. Dal dolore di un cuore spezzato al riguardo per l’ambiente con i racconti degli incendi” commenta la gallerista Gigliola Beniamino Magistrelli. “Oltre alla maestria del disegno – aggiunge il curatore Giorgio Lo Stimolo -, c’è molto di più, una mano, la scioltezza di chi l’arte del tratto la possiede. Un incontestabile virtuosismo, un accenno un po’ beffardo che dice guardami lo so fare, è nella mia natura. Provocatorio e talentuoso”.

Chi è Salvo Nero

Salvo Nero, pittore autodidatta palermitano classe 1984 è stato stimolato inizialmente dai cartoni animati e dai pittori della sua città natale. La sua fibra creativa si sveglia molto presto attraverso il disegno che non lascerà mai più. Si orienta verso studi di grafica pubblicitaria e si cimenta sui muri della sua città, trovando nel writing un modo d’espressione libero. Attraverso i fumetti e la scoperta dello statunitense Geof Darrow, s’innamora del dettaglio, che diviene una caratteristica essenziale della sua opera. In seguito, lascia il limite delle vignette per donarsi all’acquarello, olio e, infine, l’acrilico, che diviene il suo mezzo principale. Attraverso i disegni della pittrice inglese Jenny Saville s’innamora dell’artista conterraneo Lucian Freud. S’interessa alla pittura del reale e si dedica al grande formato, una formula che gli assicura riconoscimento e diverse mostre monografiche. Si divide tra Palermo e Cardiff, due città in cui vive e lavora attualmente.

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