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Cultura

Pantelleria, Mueggen, la luna e il silenzio

Redazione

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Erano gli ultimi anni cinquanta, ed ero un bambino.

D’estate, la vendemmia…
Avevamo raggiunto una proprietà, una lontana proprietà di zio Turi, come sempre in tanti, tutta la famigliona allargata.
Allora era d’uso aiutarsi l’un l’altro in campagna, soprattutto al momento del raccolto, quando occorreva cogliere il momento giusto per tagliare l’uva, “salvare” l’annata” da eventuali intemperie o da altri danni, per cui grandi e piccini al seguito si allontanavano da casa in frotte e allegramente raggiungevano i punti di raccolta, attraverso mulattiere e “violi”. Era ancora il tempo in cui le strade asfaltate o cementate erano ancora pochissime, e molti cavalcavano muli e asini.
Zio Turi aveva campi anche importanti ma disseminati in mezza isola, per cui spesso si partiva prima dell’alba (i tri re) e si tornava a casa, stanchi morti, al tramonto.
Sotto il sole cocente l’uva veniva tagliata e  depositata momentaneamente in grandi ceste ( i cuffini, variante siciliana delle gerle del nord), poi trasportate dagli uomini adulti e robusti al punto di raccolta.
Quegli uomini portavano sulla testa la mema, copricapo di fazzoletto annodato o anche un angolo di sacco di lona (tela molto rustica, spesso iuta) che gli ricadeva sulle spalle a mo’ di mantello.
Qui le possibilità erano due:
Ripulire con la forbice i grappoli da collocare dolcemente nelle cassette (gabbiette di legno) per l’esportazione dello zibibbo fresco da tavola (a Trapani e a Palermo ne erano ghiotti, ma anche su altri mercati  delle grandi città), o adagiarli nello stenditoio per l’essiccazione dell’uva passa. Gli stenditoi erano parti del terreno accuratamente pulite per formare una terrazza di naturale essiccamento dell’uva che “respirava” sul suolo, e veniva periodicamente e con molta cura rivoltata per una maturazione armonica.
Era , ed è, un prodotto di altissima qualità, l’uva passa (i passuli) e/o di Malaga, fortemente calorico, da consumarsi in inverno, da sola o come componente di molti dolci.
L’aspetto più inquietante ed attraente per i bambini era l’immersione di ceste metalliche piene di uva zibibno in un gran pentolone, la quadara,  di acqua bollente e potassio, per accelerare il processo di essiccazione. La terza ipotesi, ovviamente riguardava la raccolta per farne mosto, ma allora non era primaria.
Le operazioni di raccolta duravano tanti e tanti giorni e, visto lo spezzettamento tradizionale della proprietà, quasi ogni giorno era una lunga e spesso allegra camminata.
Quella volta, accadde un fatto straordinario per me  bambino, il gruppone andò via al tramonto, come di consueto, ma io e zio Turi rimanemmo nel dammusello del terreno a passare la notte e ritrovarci là già di prima mattina. Il dammusello era una piccola costruzione, dotata di cisterna di acqua piovana, di fornello, uno all’aperto e l’altro all’interno, un lettone con i trispiti di ferro e assi di legno come base, a formare un giaciglio con una sorta di materasso ripieno di lana e di paglia. Completavano l’arredamento una sorta di madia a scaffali e le casene, rientranze delle pareti atte a contenere cose varie, come armadietti. Un’avventura, per me.
La cena consistette in un’insalata di pomodori con olio, origano, aglio e pesce secco (mennuli e ciavuli) il cui sapore formidabile è ormai solo nella memoria, accompagnata dal mitico panbiscotto pantesco, di farina d’orzo e di frumento,, rinvenuto e ammorbidito con poca acqua della cisterna (a me piaceva secco e croccante).
Ma la notte rischiarata dalla splendida luna piena, che come disse un grande scrittore sudamericano, Gabriel Garcia Marquez, a Pantelleria è unica e sembra vicina vicina, presentò una sorpresa eccezionale, ovvero la conoscenza dell’ultimo abitante della contrada, il cui nome non ricordo più. Andammo a trovarlo per mulattiera a non grande distanza. Viveva solo, vedovo e senza figli, e conosceva mille storie affascinanti, in una grandissima casa, come tutte quelle di Mueggen, e con tono insieme accorato e serenamente sorridente ci confesso’ che non avrebbe mai lasciato quei luoghi.
La luna intanto transitava alta a illuminare visi e parole, fino al momento del commiato quasi commosso, perché qualcuno era andato a trovarlo.
Fu la prima e l’ultima volta che vidi quell’uomo, dalla pelle incartapecorita ,carico di ricordi e solitudine, forte come una vecchia quercia, o meglio “balluta”.
Forse, in quella contrada non più abitata, si sente ancora il suo respiro nel silenzio e al chiaro di luna.
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Cultura

Pantelleria – Mensa scolastica, al via affidamento servizio di refezione

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Il Comune di Pantelleria, per mezzo di avviso pubblico, avvia il procedimento di acquisizione e selezione delle candidature finalizzate all’individuazione degli operatori per l’affidamento del servizio di mensa scolastica per gli alunni della Sezione della Scuola dell’Infanzia e della classe prima della Scuola Primaria dell’Istituto Omnicomprensivo di Pantelleria,  per l’anno scolastico 2024/2025.

Il documento integrale

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Cultura

Trapani, celebrazioni della Virgo Fidelis patrona dei Carabinieri, dell’83° della Battaglia di Culqualber e della Giornata dell’Orfano

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TRAPANI. CELEBRAZIONI DELLA VIRGO FIDELIS, PATRONA DELL’ARMA DEI CARABINIERI, DEL 83° ANNIVERSARIO DELLA “BATTAGLIA DI CULQUALBER” E

DELLA “GIORNATA DELL’ORFANO”

Si è appena conclusa, presso la Basilica Maria Santissima Annunziata “Madonna di Trapani”, la Santa Messa in onore della Virgo Fidelis, celeste Patrona dell’Arma dei Carabinieri.

Alla messa, celebrata dal Vescovo di Trapani, S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, hanno partecipato il Vicario del Prefetto di Trapani, Dott.ssa Laura Pergolizzi, il Questore di Trapani, Dott. Giuseppe Felice Peritore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Colonnello Mauro Carrozzo, il sindaco di Trapani, altre autorità Civili e Militari, i vertici delle Forze di Polizia e Vigili del Fuoco oltre ai parenti dei caduti e delle vittime del dovere La scelta della Madonna “Virgo Fidelis”, come celeste patrona dell’Arma, è indubbiamente ispirata alla fedeltà che, propria di ogni soldato che serve la Patria, è caratteristica dell’Arma dei Carabinieri che ha per motto: “Nei Secoli Fedele”.
L’8 Dicembre 1949 Sua Santità Pio XII di v.m., accogliendo l’istanza dell’Ordinario Militare d’Italia, S.E. Mons. Carlo Alberto di Cavallerleone, proclamava ufficialmente Maria “Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri”, fissandone la celebrazione liturgica il 21 Novembre, in concomitanza della presentazione di Maria vergine al Tempio. La celebrazione di questa giornata è concomitante con la ricorrenza della Battaglia di Culqualber e la giornata dell’orfano.

LA BATTAGLIA DI CULQUALBER

Il 21 Novembre 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbe luogo una delle più cruente battaglie in terra d’Africa, nella quale un intero Battaglione di Carabinieri si sacrificò nella strenua difesa, protrattasi per tre mesi, del caposaldo di Culquaber. Alla bandiera dell’Arma dei Carabinieri fu conferita, per quel fatto d’arme, la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare, dopo quella ottenuta nell’occasione della partecipazione alla Prima Guerra Mondiale.

GIORNATA DELL’ORFANO

Istituita nel 1996, rappresenta per i Carabinieri e per l’ ONAOMAC un sentito momento di vicinanza alle famiglie dei colleghi scomparsi. L’Opera Nazionale di Assistenza per gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri (O.N.A.O.M.A.C.), Ente morale fondato il 15 maggio 1948, si propone di assistere gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri di qualsiasi grado. Oggi l’ O.N.A.O.M.A.C. assiste circa 1000 orfani, a ciascuno dei quali eroga un sostegno semestrale, distinto per fasce d’età, sino al compimento degli studi.

L’assistenza agli orfani disabili è a vita.

Per eventuali donazioni in favore degli orfani: C/C bancario n. 121 B.N.L. IBAN IT77Z0100503344000000000121

C/C postale n. 288019 IBAN IT35Z0760103200000000288019

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Cultura

Palermo, Ti l’Eggo: mostra ed estemporanea di Salvo Nero da Artètika. Quando il narcisismo diventa arte

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Durante la mostra l’artista realizzerà un’opera dedicata al fil rouge che unisce chi si ama
Perfetto ma non troppo, perché ogni dettaglio fuori posto fa la differenza, rendendo d’impatto un’opera dal tratto rotondo. È la caratteristica principale dello stile del pittore, fumettista, grafico e writer Salvo Nero, diviso tra il narcisismo del proprio ego e il romanticismo del legame invisibile e indissolubile che unisce due innamorati. Da venerdì 22 novembre a sabato 7 dicembre, sarà in mostra con Ti l’Eggo da Artètika, spazio espositivo per l’anima, in via Giorgio Castriota, 15 a Palermo. Il vernissage avverrà venerdì 22, alle ore 18,30, alla presenza dell’artista, delle galleriste Gigliola Beniamino e Esmeralda Magistrelli, del curatore, l’architetto Giorgio Lo Stimolo e del critico Massimiliano Reggiani. La mostra sarà visitabile dal lunedì al sabato, dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 19,30. Ingresso libero. Sponsor d’arte Birra Forst e Tenute Cinquanta.

Le opere in mostra per Ti l’Eggo di Salvo Nero da Artètika

Saranno trenta le opere di Salvo Nero, in mostra da Artètika per Ti l’Eggo, di varie misure, su tela, su carta e una piccola scultura. La trentunesima opera sarà realizzata in estemporanea, a partire da una tela bianca, dal giorno del vernissage a quello della chiusura dell’esposizione e sarà ispirata al fil rouge, invisibile agli occhi, che unisce chi si ama. Ci sono ritratti che emergono da fogli protocollo, tutti scarabocchiati con tanto di lista della spesa, pennelli sporchi di colore, blatte che camminano sopra lettere d’amore amare. Opere bruciate, strappate o fintamente bruciate, strappate, sporcate e stropicciate. Uova al tegamino, lampadine e mandarini, pacchi di posta, oggetti quotidiani che diventano arte. Divertente, ammiccante, riflessiva.

“Poliedrico, un po’ grafico, un po’ pubblicitario, molto artista. Salvo Nero comunica i suoi stati d’animo con una enorme facilità nel farsi capire da tutti. Dal dolore di un cuore spezzato al riguardo per l’ambiente con i racconti degli incendi” commenta la gallerista Gigliola Beniamino Magistrelli. “Oltre alla maestria del disegno – aggiunge il curatore Giorgio Lo Stimolo -, c’è molto di più, una mano, la scioltezza di chi l’arte del tratto la possiede. Un incontestabile virtuosismo, un accenno un po’ beffardo che dice guardami lo so fare, è nella mia natura. Provocatorio e talentuoso”.

Chi è Salvo Nero

Salvo Nero, pittore autodidatta palermitano classe 1984 è stato stimolato inizialmente dai cartoni animati e dai pittori della sua città natale. La sua fibra creativa si sveglia molto presto attraverso il disegno che non lascerà mai più. Si orienta verso studi di grafica pubblicitaria e si cimenta sui muri della sua città, trovando nel writing un modo d’espressione libero. Attraverso i fumetti e la scoperta dello statunitense Geof Darrow, s’innamora del dettaglio, che diviene una caratteristica essenziale della sua opera. In seguito, lascia il limite delle vignette per donarsi all’acquarello, olio e, infine, l’acrilico, che diviene il suo mezzo principale. Attraverso i disegni della pittrice inglese Jenny Saville s’innamora dell’artista conterraneo Lucian Freud. S’interessa alla pittura del reale e si dedica al grande formato, una formula che gli assicura riconoscimento e diverse mostre monografiche. Si divide tra Palermo e Cardiff, due città in cui vive e lavora attualmente.

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