Cultura
Panteschi in Tunisia: gli inizi. I
Gli inizi. Più panteschi in Tunisia che a Pantelleria
Quando nell’anno 1881 la Tunisia divenne un protettorato della Francia, anche se nominalmente risultava sempre retta dal Bey, molte migliaia di italiani (in stragrande maggioranza siciliani e per lo più Panteschi) già risiedevano in quel territorio.
Nel 1896 a fronte di circa 55.000 italiani c’erano
soltanto 16.000 francesi.
Di quei 55.000 una forte aliquota, come accennato, era costituita da
originari della dirimpettaia isola di Pantelleria, che si poteva osservare a occhio nudo da Kelibia.
Negli anni susseguenti si raccontava che, a un dato momento, i Panteschi residenti in Tunisia
superassero di molto gli abitanti dell’isola natia.
Essi si trovavano sparsi in quasi tutti i centri,
soprattutto quelli costieri, a cominciare da Tunisi, ma i centri in cui costituivano la quasi totalità
della popolazione erano Kelibia, Bou Ficha e Reyville.
Kelibia fu il primo e più compatto aggregato etnico di Panteschi in terra di Tunisia, già formatosi al
tempo dell’occupazione francese. Il motivo era semplice, la località era quella più vicina, in termini
di miglia marine, all’isola.
Una semplice barca a remi per raggiungere Kelibia da Pantelleria
Per marinai ardimentosi, com’erano i Panteschi di quei tempi, ci si poteva arrivare anche con una semplice barca a remi. E poi sembrava di essere presso l’uscio di casa, bastava andare sulla spiaggia e scrutare il mare per scorgere in lontananza l’inconfondibile sagoma di Pantelleria. Insomma era come se non si fosse mai del tutto abbandonata la terra natia. A sud di Kelibia, sempre sulla costa, c’erano poi i centri, distanti tra loro circa 3 Km, di Bou Ficha e Reyville anch’essi “inventati” dal nulla dai Panteschi.
I vigneti a filari
Quest’ultimi in quelle terre, dapprima
desolate e malariche, fecero dei veri e propri miracoli in fatto di agricoltura, impiantando magnifici
filari di vigneti a perdita d’occhio e producendo i migliori vini tunisini.
A riguardo dei Panteschi in Tunisia la testimonianza di uno scrittore di successo quale Giovanni
Comisso, vincitore del Premio Bagutta nel 1928 col suo “Gente di mare” e del Premio Strega con
“Un gatto attraversa la strada” nel 1954.
Così scriveva Comisso in “Note di viaggio in Tunisia”,
apparse su L’Illustrazione Italiana n° 7 del 12 febbraio 1939:“Il gallo di Pantelleria risponde a quello di Capo Bon. Questo è il detto popolare della piccola isola italiana. Come chiamate da questo canto risvegliatore, circa quaranta anni fa, sono partite, dall’isola vulcanica e ricca di vigne, alcune famiglie avventurose, e coi loro velieri hanno approdato sulla costa prospiciente tra Chebilia e Bu-Fiscia (Kelibia e Bou-Ficha, ndr). Erano questi pantellereschi esperti nella coltivazione della vite e cominciarono a fare le prime piantagioni in terre boschive, incolte o scarsamente lavorate dagli indigeni. Senza perdersi d’animo alle prime difficoltà cercando terreni sempre più adatti, qualità di viti più resistenti, si irradiarono nelle zone di Bu-Arcub, di Grombalia, di Canguet e di Messadin . I primi successi furono subito segnale dl richiamo di altre famiglie. “Il loro metodo di lavoro li ha imposti in Tunisia superando i coloni francesi Quasi sempre hanno cominciato con piccolissimi capitali e a volte contraendo prestiti. Comperate le terre incolte con un pagamento in un periodo di dieci anni, si sono installati in baracchini provvisori, in casupole costruite con pietre tolte ai ruderi romani. dormendo persino entro a botti e strenuamente lavorando, sbrigando tutto da loro.
“Sistemati i terreni, fatti i primi guadagni per nulla hanno perduto le iniziali abitudini modeste.
“I
francesi volendo darsi pur essi a questo genere di agricoltura, incominciarono col costruirsi un
sontuoso castello con un vasto parco, spendere in abbellimenti inutili. circondandosi di un direttore,
un gerente, un cantiniere e di un caporale sorvegliante la mano d’opera indigena. per finire entro
breve tempo in fallimento o nella condizione di cedere le terre agli italiani.
I pantellereschi aiutati da un solo caporale, attendono da soli anche se ricchi a tutta le fatiche della
direzione, fino alle più umili, come quella di fare la paga.
“Instancabili e affannati dl conquista,
quando hanno denaro liquido in casa non possono dormire, perché meditano un nuovo Impiego.
Appena incassano il guadagno di un raccolto, pagano i debiti e con quello che rimane comprano
altre terre. Allora si cominciano a distruggere gli sterpi e le boscaglie, ai dissodano profondamente i
terreni, si piantano nuove viti in lunghissimi filari e ritorna, per loro volere, su questo suolo, la vita
rigogliosa di un tempo”.
1 – continua
Orazio Ferrara
Cultura
Pantelleria – Mensa scolastica, al via affidamento servizio di refezione
Il Comune di Pantelleria, per mezzo di avviso pubblico, avvia il procedimento di acquisizione e selezione delle candidature finalizzate all’individuazione degli operatori per l’affidamento del servizio di mensa scolastica per gli alunni della Sezione della Scuola dell’Infanzia e della classe prima della Scuola Primaria dell’Istituto Omnicomprensivo di Pantelleria, per l’anno scolastico 2024/2025.
Il documento integrale
Cultura
Trapani, celebrazioni della Virgo Fidelis patrona dei Carabinieri, dell’83° della Battaglia di Culqualber e della Giornata dell’Orfano
TRAPANI. CELEBRAZIONI DELLA VIRGO FIDELIS, PATRONA DELL’ARMA DEI CARABINIERI, DEL 83° ANNIVERSARIO DELLA “BATTAGLIA DI CULQUALBER” E
DELLA “GIORNATA DELL’ORFANO”
Si è appena conclusa, presso la Basilica Maria Santissima Annunziata “Madonna di Trapani”, la Santa Messa in onore della Virgo Fidelis, celeste Patrona dell’Arma dei Carabinieri.
Alla messa, celebrata dal Vescovo di Trapani, S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, hanno partecipato
il Vicario del Prefetto di Trapani, Dott.ssa Laura Pergolizzi, il Questore di Trapani, Dott. Giuseppe
Felice Peritore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Colonnello Mauro Carrozzo, il sindaco
di Trapani, altre autorità Civili e Militari, i vertici delle Forze di Polizia e Vigili del Fuoco oltre ai
parenti dei caduti e delle vittime del dovere
La scelta della Madonna “Virgo Fidelis”, come celeste patrona dell’Arma, è indubbiamente ispirata
alla fedeltà che, propria di ogni soldato che serve la Patria, è caratteristica dell’Arma dei Carabinieri
che ha per motto: “Nei Secoli Fedele”.
L’8 Dicembre 1949 Sua Santità Pio XII di v.m., accogliendo l’istanza dell’Ordinario Militare
d’Italia, S.E. Mons. Carlo Alberto di Cavallerleone, proclamava ufficialmente Maria “Virgo Fidelis
Patrona dei Carabinieri”, fissandone la celebrazione liturgica il 21 Novembre, in concomitanza
della presentazione di Maria vergine al Tempio.
La celebrazione di questa giornata è concomitante con la ricorrenza della Battaglia di Culqualber e
la giornata dell’orfano.
LA BATTAGLIA DI CULQUALBER
Il 21 Novembre 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbe luogo una delle più cruente battaglie in terra d’Africa, nella quale un intero Battaglione di Carabinieri si sacrificò nella strenua difesa, protrattasi per tre mesi, del caposaldo di Culquaber. Alla bandiera dell’Arma dei Carabinieri fu conferita, per quel fatto d’arme, la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare, dopo quella ottenuta nell’occasione della partecipazione alla Prima Guerra Mondiale.
GIORNATA DELL’ORFANO
Istituita nel 1996, rappresenta per i Carabinieri e per l’ ONAOMAC un sentito momento di vicinanza alle famiglie dei colleghi scomparsi. L’Opera Nazionale di Assistenza per gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri (O.N.A.O.M.A.C.), Ente morale fondato il 15 maggio 1948, si propone di assistere gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri di qualsiasi grado. Oggi l’ O.N.A.O.M.A.C. assiste circa 1000 orfani, a ciascuno dei quali eroga un sostegno semestrale, distinto per fasce d’età, sino al compimento degli studi.
L’assistenza agli orfani disabili è a vita.
Per eventuali donazioni in favore degli orfani: C/C bancario n. 121 B.N.L. IBAN IT77Z0100503344000000000121
C/C postale n. 288019
IBAN IT35Z0760103200000000288019
Cultura
Palermo, Ti l’Eggo: mostra ed estemporanea di Salvo Nero da Artètika. Quando il narcisismo diventa arte
Durante la mostra l’artista realizzerà un’opera dedicata al fil rouge che unisce chi si ama
Perfetto ma non troppo, perché ogni dettaglio fuori posto fa la differenza, rendendo d’impatto un’opera dal tratto rotondo. È la caratteristica principale dello stile del pittore, fumettista, grafico e writer Salvo Nero, diviso tra il narcisismo del proprio ego e il romanticismo del legame invisibile e indissolubile che unisce due innamorati. Da venerdì 22 novembre a sabato 7 dicembre, sarà in mostra con Ti l’Eggo da Artètika, spazio espositivo per l’anima, in via Giorgio Castriota, 15 a Palermo. Il vernissage avverrà venerdì 22, alle ore 18,30, alla presenza dell’artista, delle galleriste Gigliola Beniamino e Esmeralda Magistrelli, del curatore, l’architetto Giorgio Lo Stimolo e del critico Massimiliano Reggiani. La mostra sarà visitabile dal lunedì al sabato, dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 19,30. Ingresso libero. Sponsor d’arte Birra Forst e Tenute Cinquanta.
Le opere in mostra per Ti l’Eggo di Salvo Nero da Artètika
Saranno trenta le opere di Salvo Nero, in mostra da Artètika per Ti l’Eggo, di varie misure, su tela, su carta e una piccola scultura. La trentunesima opera sarà realizzata in estemporanea, a partire da una tela bianca, dal giorno del vernissage a quello della chiusura dell’esposizione e sarà ispirata al fil rouge, invisibile agli occhi, che unisce chi si ama. Ci sono ritratti che emergono da fogli protocollo, tutti scarabocchiati con tanto di lista della spesa, pennelli sporchi di colore, blatte che camminano sopra lettere d’amore amare. Opere bruciate, strappate o fintamente bruciate, strappate, sporcate e stropicciate. Uova al tegamino, lampadine e mandarini, pacchi di posta, oggetti quotidiani che diventano arte. Divertente, ammiccante, riflessiva.
“Poliedrico, un po’ grafico, un po’ pubblicitario, molto artista. Salvo Nero comunica i suoi stati d’animo con una enorme facilità nel farsi capire da tutti. Dal dolore di un cuore spezzato al riguardo per l’ambiente con i racconti degli incendi” commenta la gallerista Gigliola Beniamino Magistrelli. “Oltre alla maestria del disegno – aggiunge il curatore Giorgio Lo Stimolo -, c’è molto di più, una mano, la scioltezza di chi l’arte del tratto la possiede. Un incontestabile virtuosismo, un accenno un po’ beffardo che dice guardami lo so fare, è nella mia natura. Provocatorio e talentuoso”.
Chi è Salvo Nero
Salvo Nero, pittore autodidatta palermitano classe 1984 è stato stimolato inizialmente dai cartoni animati e dai pittori della sua città natale. La sua fibra creativa si sveglia molto presto attraverso il disegno che non lascerà mai più. Si orienta verso studi di grafica pubblicitaria e si cimenta sui muri della sua città, trovando nel writing un modo d’espressione libero. Attraverso i fumetti e la scoperta dello statunitense Geof Darrow, s’innamora del dettaglio, che diviene una caratteristica essenziale della sua opera. In seguito, lascia il limite delle vignette per donarsi all’acquarello, olio e, infine, l’acrilico, che diviene il suo mezzo principale. Attraverso i disegni della pittrice inglese Jenny Saville s’innamora dell’artista conterraneo Lucian Freud. S’interessa alla pittura del reale e si dedica al grande formato, una formula che gli assicura riconoscimento e diverse mostre monografiche. Si divide tra Palermo e Cardiff, due città in cui vive e lavora attualmente.
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