Zibibbo e Cannella
Passeggiata gastronomica con tappa a Pantelleria (Parte Prima)
Quando si parte per un viaggio una delle cose più belle è sicuramente poter mettere nella valigia del ritorno i sapori e gli odori dei piatti iconici, delle ricette simbolo che hanno arricchito la nostra esperienza anche dal punto di vista sensoriale.
Se facessimo una passeggiata gastronomica virtuale e provassimo a disegnare una carta geografica delle specialità che identificano la cucina dei vari Paesi del mondo metteremmo: la carbonara a Roma, l’ossobuco a Milano, la pizza a Napoli, il fish and chips a Londra, le patatas bravas a Barcellona, il gulasch a Budapest, il baccalà a Lisbona, il ramen a Tokyo e le ostriche di roccia a Sydney. Il nostro elenco potrebbe continuare praticamente all’infinito, ma nel nostro viaggio nel gusto ci fermiamo per fare tappa nella nostra Pantelleria, la cui cucina genuina e saporita ci racconta da sempre l’incontro tra diverse culture, e lo stretto rapporto tra la terra e il mare.
Tra i segni particolari nella carta d’identità gastronomica di Pantelleria includiamo i ravioli amari, l’insalata pantesca e la ciaki-ciuka. Per quanto riguarda i primi non bisogna lasciarsi ingannare dal nome, perché si definiscono amari in quanto salati, per distinguerli dai ravioli dolci. Sono la tipica pasta fresca dell’isola e sono costituiti da una sottilissima sfoglia, la cui raffinatezza risalta agli occhi e al palato. Composto da acqua e farina, l’impasto non risulta mai pesante ma è difficile da lavorare, perché non c’è il collante dell’uovo. Nel ripieno si mettono esclusivamente la ricotta e la menta, che aggiungono un tocco di morbidezza e freschezza alla delicatezza del raviolo.
Leggera e saporita, l’insalata pantesca può invece essere gustata come contorno o come piatto unico. Si prepara con le patate bollite, i pomodori, la cipolla rossa, le olive, l’olio, l’origano e i capperi, rigorosamente di Pantelleria, ed è un trionfo di sapori e colori del Mediterraneo. Uno degli ingredienti che l’hanno resa sempre molto speciale, conferendole sapidità e croccantezza, è il “pisci sciuttu”, pesce salato ed essiccato al sole, che purtroppo adesso è sempre più raro.
Salatis in fundo, chiudiamo il nostro viaggio con la ciaki-ciuka, un piatto tipico di Pantelleria ma di origine berbera. Cucinata al forno o in padella, questa specialità si prepara con melanzane, zucchine, patate, pomodori, capperi, pangrattato, mandorle, basilico, olio EVO e cipolla, e in alcuni casi pure con le uova. Rappresenta un simbolo perfetto della vocazione multietnica dell’isola e della sua gastronomia, dal momento che il metodo di realizzazione del piatto ha caratteristiche in comune con ricette provenzali, catalane e tunisine.
Nicoletta Natoli
Gastronomia
In cucina con lo Chef Beppe Fontana da Pantelleria: oggi rigatoni con cucuzza pantisca al forno
Segni particolari: piccola, tonda, dolce, delicata e di colore verde chiaro con striature bianche.
Di che cosa stiamo parlando? Della cucuzza pantisca, cioè della zucchina di Pantelleria per i lettori non isolani. È un’autentica eccellenza mediterranea, uno dei tanti motivi per visitare Pantelleria e immergersi nei suoi sapori.
Le caratteristiche della cucuzza
Caposaldo dell’agricoltura e della cucina di Pantelleria, la cucuzza potrebbe definirsi una perfetta abitante dell’isola. Tollera bene il caldo e le sue coltivazioni vengono comodamente affondate nel vulcanico suolo pantesco. Può crescere in assenza totale di acqua, senza alcuna irrigazione. Ciò è possibile perché il fusto e le foglie della zucchina sono pelosi, e quindi possono ottenere l’acqua per il loro fabbisogno direttamente dall’umidità dell’aria.
La cucuzza, un vero patrimonio gastronomico
Per evitare ogni possibile rischio di estinzione, sono gli stessi agricoltori di Pantelleria a riprodurre i semi della cucuzza e a tramandarli.
La versatilità di questo ortaggio in cucina è evidente dal suo impiego in moltissime ricette. Fritta, al forno, bollita, ripiena e con la pasta sono soltanto alcuni esempi di come è possibile sfruttare la zucchina di Pantelleria.
Prepariamo una ricetta con la cucuzza di chef Beppe Fontana
Il nostro caro amico chef Beppe Fontana ci propone una gustosa ricetta: i rigatoni con la cucuzza pantisca cotta al forno! Come sempre, trovate la versione in siciliano e quella tradotta.
- Tagghiàti a cucùzza pantisca a pezzi tunni
- Facìtila còciri nto furnu cu n’anticchia d’ogghiu
- Iuncìtici a mintuccia i na picchitta d’agghiu
- Cucìti i rigatoni, doppu i scinnìti i ci mittiti nzèmmula a cucuzza nfurnata nto piattu
- Prima i manciàri, ci grattàti i supra u caciurricotta
Bona manciata!
Ma adesso, cari lettori, non vi preoccupate se la vostra lingua madre non è quella del Pitrè o di Pirandello, perché non rimarrete a digiuno. Ecco a voi la traduzione della ricetta per preparare i rigatoni con la cucuzza pantisca al forno:
- Tagliate la zucchina di Pantelleria in fette circolari
- Fatela cuocere in forno con un po’ d’olio
- Aggiungete la mentuccia e un po’ d’aglio
- Cuocete i rigatoni, e dopo averli scolati uniteli alla zucchina infornata direttamente nel piatto
- Prima di gustarli, grattugiateci sopra il cacioricotta
Buon appetito!
Gastronomia
In cucina con Chef Beppe Fontana da Pantelleria: oggi ossobuco di rana pescatrice
Prepariamo insieme l’ossobuco di rana pescatrice in umido con capperi, olive e pomodorini:
- Tagghiàti a cuda du rospu comu si ffussi n’uossobbuco
- Facìti vùgghiri à focu lentu i chiàppira, l’alivi, i pumaruoru chiddi nìchi, u basilicò i l’agghiu
- Mittìti a cuda du rospu intra u vugghiùtu
- Facìti còciri u pisci na picca i minuti e poi quannu è quasi prontu ci iuncìti u vinu iancu.
Bona manciata!
Ma adesso, cari lettori, non vi preoccupate se la vostra lingua madre non è quella del Pitrè o di Pirandello, perché non rimarrete a digiuno. Ecco a voi la traduzione della ricetta per preparare l’ossobuco di rana pescatrice:
- Tagliate la rana pescatrice come se fosse un ossobuco
- Stufate i capperi, le olive, i pomodorini, il basilico e l’aglio
- Mettete la rana pescatrice nello stufato
- Dopo pochi minuti di cottura sfumate il tutto con il vino bianco.
Buon appetito!
Nicoletta Natoli
Gastronomia
Sicilia in cucina – La “muddica atturrata”, nota anche come il formaggio dei poveri
Storia di uno dei simboli della cucina siciliana
L’elenco delle squisitezze che fanno parte del repertorio della cucina siciliana è praticamente infinito. Tra queste troviamo una preparazione semplicissima, quasi banale, che riesce a esaltare gli ingredienti a cui si accompagna, creando dei piatti che deliziano il palato. Stiamo parlando della “muddica atturrata”.
Etimologia della parola
Siamo sicuri di non atturrarvi con il racconto della sua storia, perché contiene un’interessante miscela tra gusto e leggenda. Partendo proprio dal punto di vista etimologico, la parola atturrata ci riporta indietro nel tempo, a quando nelle torrefazioni di Palermo si atturrava il caffè, cioè si tostava in maniera artigianale. Ma, nello stesso tempo, la parola si ricollega al dialetto siciliano attuale, in cui atturrare significa disturbare, infastidire. Chiaramente, il significato che ci interessa è quello legato al caffè, tanto è vero che la muddica atturrata è proprio la mollica del pane abbrustolita.
La pasta con la muddica atturrata
Questa deliziosa preparazione culinaria affonda le sue radici nella tradizione isolana, in un periodo in cui il pane raffermo era usato come formaggio grattugiato. Non è un caso, infatti, che la muddica atturrata sia conosciuta anche come “il formaggio dei poveri”, dal momento che il formaggio era un prodotto dal costo piuttosto elevato e, dunque, non tutti potevano permetterselo. Ma con l’inventiva che da sempre li caratterizza, i siciliani hanno ovviato a questo problema con l’utilizzo della mollica per preparare un ottimo piatto di pasta “mollicata”. Questo primo piatto a base di mollica di pane è diffuso in tutta la Sicilia, ma anche in Calabria e in Basilicata con determinate modifiche. A seconda della zona, tra gli ingredienti delle numerose varianti sicule figurano l’acciuga, il formaggio, il prezzemolo, l’aglio, l’uvetta e l’estratto di pomodoro. Quella che, ovviamente, non manca mai è un’abbondantissima dose di muddica atturrata.
La muddica nella leggenda
C’è una leggenda attorno a cui ruotano le origini di questa ricetta. Per scoprirla dobbiamo tornare indietro nell’Alto Medioevo e spostarci nel paese di Armento in provincia di Potenza, zona in cui ancora oggi la preparazione è apprezzatissima. Si dice che nel 976 una popolana preparò per la prima volta il piatto per onorare la vittoria dei suoi paesani, guidati dai monaci bizantini, contro gli invasori saraceni. Nel giorno stesso in cui si svolse la battaglia a questa donna sarebbe apparsa la Vergine Maria, che le avrebbe preannunciato la vittoria contro i nemici e regalato un ferretto per preparare la pasta per rimettere in forze i suoi paesani gloriosi. La popolana avrebbe aggiunto di sua iniziativa della mollica di pane raffermo, sbriciolata e fritta nell’olio, creando così la ricetta.
Nicoletta Natoli
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