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Cultura

Ragusa e Scicli. Ricordi letterari di “DiversiVersi” e Cenobio dei poeti

Redazione

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«Trentuno anni fa nasceva, a cura dell’Associazione Cenobio dell’Arte” (i “Poeti del Cenobio”) la Rassegna poetica “DiversiVersi” che per un decennio fu protagonista indiscussa della scena poetica iblea».

Inizia così il ricordo scolpito nel cuore di Salvo Micciché (scrittore, poeta, fotoreporter, direttore editoriale di Ondaiblea.it).

La Rassegna si tenne per 10 anni a Scicli e Ragusa, a cura dell’Associazione Cenobio dell’Arte (I Poeti del Cenobio), con il patrocinio di Provincia Regionale di Ragusa e Comune di Scicli, con reading e premiazione a Donnalucata, Scicli e Ragusa.

Dopo il primo decennio a cura dell’Associazione fu pubblicato un libretto che sintetizzava i fatti salienti del loro percorso culturale caratterizzato da poesie, incontri, recensioni, critica letterario e, non ultimi, tantissimi ricordi.

«Il primo premio era l’Unicorno d’Oro, offerto da Associazione Cenobio dell’Arte in collaborazione con Comune di Scicli e Provincia Regionale di Ragusa.», spiega Salvo Micciché. Protagonisti indiscussi, insieme a lui furono tanti giovani poeti iblei, quali Pippo Di Noto, Graziano Piccione Esmeralda Carrubba e la compianta Stefania Elena Carnemolla. Successivamente il gruppo si arricchisce di altri validi cultori come Marco Iannizzotto, Lina Riccobene Bancheri, Geppina Macaluso, Salvatore Vicari, Silvana Blandino e altri eccellenti poeti siciliani e italiani (la lista sarebbe molto lunga).

La storia del premio, con l’Albo d’Oro, si può consultare nel blog di DiversiVersi.

«Un grazie di cuore va a tutti coloro (intellettuali, amministratori e amici a vario titolo) che hanno dato un notevole contributo fatto di impegno, affetto, collaborazione letteraria aiutandoci in questa impresa che per tutti noi si preannunciava poderosa e non priva di difficoltà, anche di critiche.
Un ricordo affettuoso va a Giuseppe Lopes, Concetta Lopes, Concetta Ferma, Girolamo Manenti, Piero Di Rosa e tutti gli altri che non dimenticano, come noi, quel tempo bello, in cui eravamo anche “più giovani e belli”. Oggi siamo quello che siamo, anche grazie a quella esperienza e a quel libro”».

 

Giuseppe Nativo

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Cultura

Proverbi marinareschi a Pantelleria / 4: “Babbaluci a sucari e fimmini a vasari”

Orazio Ferrara

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A varca senza sivu nun camina
La barca senza grasso non cammina.

Questo proverbio fa il paio con il seguente “Senza sivu la varca nun scìddica” (Senza grasso la barca non scivola). Ci si riferiva al tempo in cui il varo in mare di una barca o di un veliero avveniva su rulli lignei, che bisognava ben oliare con grasso per far scivolare agevolmente in acqua l’imbarcazione. La taccagneria di qualche armatore, che impiegava poco grasso sui rulli, era subito sentenziata ad alta voce col predetto detto dai marinari presenti. Col passare del tempo il proverbio passò, per analogia, a significare che bisognava ungere ben bene le ruote di certi meccanismi arrugginiti (a bella posta) per portare a buon fine in porto un affare o una pratica, altrimenti fermi e dimenticati nei meandri oscuri di una delle tante burocrazie nostrane. Bustarella o raccomandazione? Scegliete voi. I napoletani, i più pessimisti e realisti di tutti, avevano intanto coniato il “Chi tene sante va ‘mparaviso” ovvero soltanto chi tiene un santo per amico va in Paradiso. Perfino in cielo c’è bisogno della chiave giusta! Bustarelle no, ma raccomandazioni sì.

Avemu l’acqua na li bunnali!
Abbiamo l’acqua fino agli ombrinali.

Quest’ultimi sono fori passanti praticati poco sopra la linea di galleggiamento e che consentono lo scarico delle acque delle onde che investono la coperta. Quando l’acqua del mare arriva agli ombrinali e lo scolo non è più quindi assicurato l’imbarcazione è in pericolo immediato di affondamento.
Era il grido disperato del marinaio al patrun o capitano per avvertirlo della situazione disperata. Veniva detto anche dal capofamiglia ai suoi quando tutto andava a rotoli e non c’era nemmeno l’ombra di un “picciolo”. Insomma il significato ultimo di questo proverbio è “tutto è perduto”. Come tutti i detti antichi era ed è usato, fortunatamente, anche in senso ironico.

Babbaluci a sucari e fimmini a vasari nun ponnu mai saziari
Lumachine a succhiare e femmine a baciare non possono mai saziare.

Questo è un bijoux di proverbio e, credo, un omaggio dei panteschi e dei siciliani in genere del buon tempo antico alle loro donne, il baciarle non poteva mai saziarli, più romantici di così! L’accostamento dei babbaluci alle fimmini in uno stesso detto sembra alquanto ardito e irrispettoso, ma a pensarci bene non è così. Infatti altri accostano ostriche e femmine, caviale e femmine e nessuno se ne è mai lamentato e i babbaluci (se cucinati come si deve) rispetto alle ostriche e al caviale tengono il punto o almeno pareggiano i conti.

Il termine babbaluci deriva dall’arabo babuch, che sta per lumaca e ci si riferisce alla particolare forma del guscio delle lumachine. Non a caso le scarpe o i sandali con la punta rivolta all’insù, tipiche delle popolazioni arabe, ancora oggi in Sicilia le pantofole di ugual forma sono dette babusce.
I babbaluci del detto sono lumachine di mare generalmente la Natica millepunctata e la Natica castanea, anche se occorre precisare che per i palermitani il detto si riferisce di solito alle lumachine di terra, di cui fanno grandi abbuffate il 14 luglio durante i festeggiamenti in devozione della “Santuzza”, il cosiddetto “fistino di Santa Rusulia”.
Sia quelle di mare che di terra vanno preparate in bianco con molto aglio, prezzemolo e pepe o  in rosso con pomodori a “picchi pacchiu” e assai peperoncino piccante. Vanno assaporati rumorosamente in quanto succhiati o con uno stuzzicadenti per quelle lumachine che non hanno voluto saperne, durante la cottura, di uscire dal guscio.

La prima volta che sentii il termine babbaluci fu grazie alla mia compianta cugina Rosetta Salsedo. Il termine mi piacque subito molto e non tardai ad identificarli immediatamente con i napoletani maruzzielli, di cui già allora era ghiotto. Ancora oggi sono un buongustaio dei babbaluci o maruzzielli che dir si voglia sia in bianco che in rosso, sempre però accompagnati da un buon vino rosso.
In mancanza di un rosso delle kuddie opto per un Lacryma Christi del Vesuvio. Il risultato non cambia. Ad equilibrare un po’ questa sperticata lode in favore dei babbaluci aggiungerei il detto “Babbaluci, fungi e granci spenni assai e nenti mangi” (Lumachine, funghi e granchi spendi assai e niente mangi”. Fortunatamente non c’è alcun riferimento alle donne. O è sott’inteso?

(4 – continua)

Orazio Ferrara

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Pantelleria, oggi molta partecipazione workshop sulla viticoltura al Vivaio Paulsen

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Si è svolto questa mattina al Vivaio Paulsen l’appuntamento dal tema “Vendemmia – Racemi – Innesto a gemma dormiente”, realizzato nell’ambito del laboratorio permanente sulla pratica agricola della coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria – patrimonio immateriale UNESCO.
Il Laboratorio è organizzato dall’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria e il Comune di Pantelleria, in collaborazione con #EBAT (Ente Bilaterale Agricolo Territoriale della provincia di Trapani), nell’ambito del finanziamento del Ministero della Cultura per l’Individuazione degli interventi a favore degli elementi italiani iscritti nella “Lista prevista dalla Convenzione #UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale e immateriale”.

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Agricoltura eroica – Pantelleria isole minori: approvato aumento giornate lavorative per le colture di vigneti, frutteti, oliveti e orti terrazzati

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L’importante annuncio in occasione della settimana di celebrazioni per il decennale UNESCO dal riconoscimento della Pratica della Vite ad Alberello di Pantelleria

 

La Regione Siciliana, su iniziativa dell’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria e con il sostegno del Comune di Pantelleria, ha approvato un decreto cruciale, che apporta modifiche significative alla gestione del lavoro agricolo nelle isole minori. A firma del Dirigente Generale Dario Cartabellotta, il documento dall’Assessorato Agricoltura, Sviluppo Rurale e Pesca Mediterranea si basa su una relazione tecnica agraria realizzata dall’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria e sulla nota dell’Assessore all’Agricoltura del Comune di Pantelleria, che ha richiesto un aggiornamento sostanziale della tabella riguardante il fabbisogno di lavoro per ettaro, in modo da garantire una maggiore coerenza con le reali necessità del settore agricolo locale. L’aumento delle giornate lavorative contribuisce a un giusto riconoscimento dell’impegno dei viticoltori e agricoltori non solo a Pantelleria, ma in tutte le isole minori (Eolie, Egadi, Ustica e Pelagie), favorendo così una più efficiente gestione delle risorse umane e un miglioramento complessivo della produttività.

È stato quasi triplicato il numero di giornate lavorative per le pratiche agricole di coltivazione dei vigneti ad alberello uva da vino terrazzato e uva da tavola terrazzato e sono state aggiunte nuove colture e tecniche colturali legate ai terrazzamenti.

Questo aumento rappresenta un sostanziale supporto agli agricoltori e viticoltori locali, che da tempo segnalano la carenza di manodopera stagionale a causa di un insufficiente numero di giornate lavorative ufficialmente riconosciute.

 

“Siamo orgogliosi di aver raggiunto questo importante obiettivo per Pantelleria e le isole minori” hanno dichiarato Italo Cucci e Sonia Anelli, Commissario straordinario e Direttrice dell’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria. “Ringraziamo la Regione Siciliana per aver dimostrato sensibilità nei confronti delle esigenze di tantissimi produttori agricoli locali. Questo decreto rappresenta un segnale importante verso una gestione più efficiente delle risorse agricole e delle risorse umane”.

 

Con l’entrata in vigore del decreto, si aprono nuove prospettive per lo sviluppo rurale delle isole minori siciliane, dove l’agricoltura non è solo una fonte di sostentamento, ma anche un patrimonio culturale e storico da proteggere e valorizzare.

Nella foto: Da sx Salvatore Murana produttore vitivinicolo, Sonia Anelli, Fabrizio D’Ancona sindaco, Italo Cucci, Dario Cartabellotta a Pantelleria

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