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Cultura

Trinacria, due leggende all’origine dell’antico nome della Sicilia…

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Prima di raccontarvi ciò che di storia e leggenda c’è sul nome antico della Sicilia cioè Trinacria voglio trasmettervi con grande piacere un semplice racconto del tutto personale della mia cara nonna Giovanna. Un giorno ero andato a fare i compiti a casa della nonna e, leggendo una pagina del mio sussidiario di quinta elementare sull’argomento Sicilia e le sue caratteristiche peculiari, mia nonna volle dire la sua versione sulle origini della Sicilia. Come consuetudine lei, avendo una forte e vivace spiritualità accompagnata a un esuberante carattere, ha trasfigurato in leggenda del tutto personale anche l’origine stessa della sua terra definendo la Sicilia come un dono fatto da Dio al mondo in un momento di supremo gaudio e fu così che mi sorprese e mi incuriosì con questa sua storiella…

‘N jornu ca Diu Patri era cuntenti – e passiava ‘n celu cu li Santi, a lu munnu pinsau fari un prisenti e da curuna si scippau ‘n domanti; cci addutau tutti li setti elementi, lu pusau a mari ‘na facci a lu livanti: lu chiamarunu “Sicilia” li genti, ma di l’Eternu Patri e’ lu diamanti.

(Un giorno che Dio Padre era contento e passeggiava in cielo con i Santi, al mondo pensò di fare un presente e dalla corona si staccò un diamante; gli diede in dote tutti i sette elementi, la posò a mare in faccia al levante: lo chiamarono “Sicilia” le genti, ma dell’Eterno Padre è il diamante).

Pertanto, l’isola mediterranea non sarebbe altro che la metamorfosi di un diamante posto da Dio nel mezzo del mare per la felicità del mondo. Ben certo che la storiella della nonna non era così documentata e conosciuta mi prodigai ad andare a casa di un mio carissimo amico, amante della nostra Sicilia, Franco Licata in via salita Commendatore davanti alla chiesa dell’Idria (Ragusa Ibla) che con affare premuroso e gentile mi spiegò che le leggende che riguardano l'antico nome della Trinacria sarebbero ben due. In entrambe la Sicilia emerge come terra d’abbondanza e dalla grande forza.

Ah…! dimenticavo che il mio amico Franco era un tipo molto amabile e generoso ma come tutti gli esseri umani aveva un debole… parlava bene e con eloquenza se era davanti a un’ottima pasta a base di legumi seguita da un secondo a base di carne bollita con patate novelle… ed io ricordandomi ciò lo invitai a pranzare alla taverna vicino casa… ciò fu la carta vincente e subito con fare quasi accademico in un crescendo rossiniano incominciò il suo racconto, soffermandosi subito sul fatto che la Trinacria viene raffigurata sullo stemma della Regione, su un letto di colori (il rosso e il giallo); la Trinacria è conosciuta in tutto il mondo come il simbolo per eccellenza della Sicilia.

Curiosa e stravagante questa effigie è, tuttavia, avvolta dal mistero e il suo legame con la terra siciliana affonda le radici nella mitologia più che nella storia. Sono ben due, in effetti, le leggende che riguardano la Trinacria e la investono di significati misteriosi e di fantasia.

Non curante della mia non conoscenza sull’argomento, lui continuò la sua “lezione” dicendo che” com’è ben risaputo, lo stemma della Sicilia è un’immagine composita, ricca di diversi elementi che si fondono l’uno con l’altro per creare una simbologia univoca. Al centro dell’immagine spicca immediatamente la testa di Medusa da cui si dipartono dei lunghi capelli fatti di serpenti intrecciati a spighe di grano. Dal centro verso l’esterno, poi, tre gambe si piegano al livello delle ginocchia, restando sempre ben collegate alla testa della Medusa”.

Medusa: la terribile Gorgone Ed è proprio questo elemento, il capo di Medusa per l’appunto, che collega la Trinacria a questa celebre e conosciutissima figura mitologica. Il Licata si soffermò proprio sul personaggio mitologico. Medusa era infatti uno dei personaggi più famosi della mitologia greca, da cui viene tratteggiata come un essere terrificante e implacabile. Figlia di Forco, divinità del mare, e Ceto, mostro marino dalla storia tormentata, Medusa è una delle tre Gorgoni, la sorella non immortale di Steno ed Euriale. Le Gorgoni erano da tutti temutissime per le loro terribili capacità. Esse erano in grado, infatti, di tramutare in pietra qualsiasi uomo avesse l’ardire o la sfortuna di guardarle negli occhi.

Abitanti delle Esperidi, avevano zanne da cinghiale, mani di bronzo e serpenti al posto dei capelli. Non soltanto il loro sguardo era letale, bensì anche il loro sangue possedeva delle doti magiche strabilianti. Se esso fosse sgorgato dalla vena sinistra, avrebbe avuto la capacità di uccidere chiunque in un momento, mentre il sangue della vena destra poteva riportare in vita i morti. Inviata in Etiopia da Poseidone per devastare quel Paese governato dal re Cefeo, Medusa fu alla fine uccisa da Perseo.

Il Licata aggiunse alla sua “lezione…” un’altra versione: La Sicilia e i tre promontori Alla simbologia della Medusa si mescolano, nel tempo, anche rimandi più vicini alla Sicilia, come le spighe di grano tra i capelli della Gorgone. Le spighe sono un chiaro riferimento all’abbondanza e alla fertilità di questa terra, considerata dagli antichi romani come il granaio dell’Impero. Le tre gambe rappresentano, invece, i tre promontori più estremi dell’Isola: Capo Lillibeo, vicino a Marsala, Capo Passero, a sud oltre Siracusa, e Capo Peloro a Messina.

Proprio per questa ragione, probabilmente, il termine Trinacria deriverebbe dalla parola greca composta “Trikeles”, vale a dire “i tre promontori”. Persino nell’Odissea la Sicilia farebbe la sua comparsa con le parole di Omero che le darebbe l’appellativo di “Trinax”, letteralmente “terra dalle tre punte”.

Il mio amico narratore mi deliziò con la leggenda mitologica della Trinacria e la danza delle ninfe.

Una seconda e antica leggenda, ancora, ricondurrebbe la nascita della Sicilia alla danza di tre ninfe. Il mito narra che queste tre splendide creature erano solite danzare su e giù per il mondo, prendendo da ogni luogo che attraversavano terra, sassi e frutti maturi. Un giorno, tuttavia, si ritrovarono in una zona in cui il cielo era particolarmente azzurro e limpido. Qui la danza si fece più

armoniosa e allegra, finché le tre ninfe cominciarono a gettare in mare tutto ciò che avevano raccolto per il mondo.

In quel momento il mare gorgogliò e dalle onde cominciò a emergere una terra luminosa e fertile, ricca e profumata. Inoltre, nei punti in cui le ninfe avevano dato vita a quella danza e gettato i loro doni sorsero tre monti e la terra unita da questi ebbe, e ha tuttora, la forma di un triangolo. Ancora una volta, pertanto, la Trinacria sarebbe riconducibile ai tre promontori siculi, legati al vocabolo latino “triqueta” (“i tre vertici”).

Un Aspetto curioso che l’amico mi raccontò concludendo la sua narrazione sul nome Trinacria: un termine che non era solo attribuito alla Sicilia…

La Trinacria sarebbe, dunque, un simbolo strettamente legato alla Sicilia. E, nonostante ciò, forse non tutti sanno che esso è riconducibile più anticamente al Peloponneso, dove le gambe piegate erano incise sugli scudi dei guerrieri in segno di forza. Un’altra curiosità riguarda, infine, l’isola di Man, situata nel Mar d’Irlanda, luogo in cui nel 1072 i Normanni “esportarono” la simbologia della Trinacria, presente anche negli stemmi delle dinastie degli Stuart d’Albany in Inghilterra, dei Rabensteiner di Francia, degli Schanke di Danimarca, dei Drocomir di Polonia e, per finire, nello stemma di Gioacchino Murat, re delle Due Sicilie all’inizio del 1800.

Alla fine di tutto questo racconto il Licata mi diede in dono una bellissima pergamena con incisa una poesia dedicata alla Sicilia. Incorniciata e appesa in una parete facendo ben vista nel mio salotto alla mercè dei pochi visitatori che mi vengono a trovare… la poesia è anonima dal titolo “Trinacria”

Pensieri leggeri volano sul mare. Solcano lo Stretto, cercano pace. Approdano lievi su terra antica. Essenza di vento, di sale, d'amore. Profumi celesti di sole colorati. Riempiono il cuore, avvolgono i tuoi fianchi, sfiorano i capelli, baciano le labbra. Tu qui sei nata, ed io pazzo d’amore per te, una notte d’estate, vigliacco, nel buio ti ho rapita…

Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi

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Cultura

Pantelleria – Mensa scolastica, al via affidamento servizio di refezione

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Il Comune di Pantelleria, per mezzo di avviso pubblico, avvia il procedimento di acquisizione e selezione delle candidature finalizzate all’individuazione degli operatori per l’affidamento del servizio di mensa scolastica per gli alunni della Sezione della Scuola dell’Infanzia e della classe prima della Scuola Primaria dell’Istituto Omnicomprensivo di Pantelleria,  per l’anno scolastico 2024/2025.

Il documento integrale

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Trapani, celebrazioni della Virgo Fidelis patrona dei Carabinieri, dell’83° della Battaglia di Culqualber e della Giornata dell’Orfano

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TRAPANI. CELEBRAZIONI DELLA VIRGO FIDELIS, PATRONA DELL’ARMA DEI CARABINIERI, DEL 83° ANNIVERSARIO DELLA “BATTAGLIA DI CULQUALBER” E

DELLA “GIORNATA DELL’ORFANO”

Si è appena conclusa, presso la Basilica Maria Santissima Annunziata “Madonna di Trapani”, la Santa Messa in onore della Virgo Fidelis, celeste Patrona dell’Arma dei Carabinieri.

Alla messa, celebrata dal Vescovo di Trapani, S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, hanno partecipato il Vicario del Prefetto di Trapani, Dott.ssa Laura Pergolizzi, il Questore di Trapani, Dott. Giuseppe Felice Peritore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Colonnello Mauro Carrozzo, il sindaco di Trapani, altre autorità Civili e Militari, i vertici delle Forze di Polizia e Vigili del Fuoco oltre ai parenti dei caduti e delle vittime del dovere La scelta della Madonna “Virgo Fidelis”, come celeste patrona dell’Arma, è indubbiamente ispirata alla fedeltà che, propria di ogni soldato che serve la Patria, è caratteristica dell’Arma dei Carabinieri che ha per motto: “Nei Secoli Fedele”.
L’8 Dicembre 1949 Sua Santità Pio XII di v.m., accogliendo l’istanza dell’Ordinario Militare d’Italia, S.E. Mons. Carlo Alberto di Cavallerleone, proclamava ufficialmente Maria “Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri”, fissandone la celebrazione liturgica il 21 Novembre, in concomitanza della presentazione di Maria vergine al Tempio. La celebrazione di questa giornata è concomitante con la ricorrenza della Battaglia di Culqualber e la giornata dell’orfano.

LA BATTAGLIA DI CULQUALBER

Il 21 Novembre 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbe luogo una delle più cruente battaglie in terra d’Africa, nella quale un intero Battaglione di Carabinieri si sacrificò nella strenua difesa, protrattasi per tre mesi, del caposaldo di Culquaber. Alla bandiera dell’Arma dei Carabinieri fu conferita, per quel fatto d’arme, la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare, dopo quella ottenuta nell’occasione della partecipazione alla Prima Guerra Mondiale.

GIORNATA DELL’ORFANO

Istituita nel 1996, rappresenta per i Carabinieri e per l’ ONAOMAC un sentito momento di vicinanza alle famiglie dei colleghi scomparsi. L’Opera Nazionale di Assistenza per gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri (O.N.A.O.M.A.C.), Ente morale fondato il 15 maggio 1948, si propone di assistere gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri di qualsiasi grado. Oggi l’ O.N.A.O.M.A.C. assiste circa 1000 orfani, a ciascuno dei quali eroga un sostegno semestrale, distinto per fasce d’età, sino al compimento degli studi.

L’assistenza agli orfani disabili è a vita.

Per eventuali donazioni in favore degli orfani: C/C bancario n. 121 B.N.L. IBAN IT77Z0100503344000000000121

C/C postale n. 288019 IBAN IT35Z0760103200000000288019

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Palermo, Ti l’Eggo: mostra ed estemporanea di Salvo Nero da Artètika. Quando il narcisismo diventa arte

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Durante la mostra l’artista realizzerà un’opera dedicata al fil rouge che unisce chi si ama
Perfetto ma non troppo, perché ogni dettaglio fuori posto fa la differenza, rendendo d’impatto un’opera dal tratto rotondo. È la caratteristica principale dello stile del pittore, fumettista, grafico e writer Salvo Nero, diviso tra il narcisismo del proprio ego e il romanticismo del legame invisibile e indissolubile che unisce due innamorati. Da venerdì 22 novembre a sabato 7 dicembre, sarà in mostra con Ti l’Eggo da Artètika, spazio espositivo per l’anima, in via Giorgio Castriota, 15 a Palermo. Il vernissage avverrà venerdì 22, alle ore 18,30, alla presenza dell’artista, delle galleriste Gigliola Beniamino e Esmeralda Magistrelli, del curatore, l’architetto Giorgio Lo Stimolo e del critico Massimiliano Reggiani. La mostra sarà visitabile dal lunedì al sabato, dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 19,30. Ingresso libero. Sponsor d’arte Birra Forst e Tenute Cinquanta.

Le opere in mostra per Ti l’Eggo di Salvo Nero da Artètika

Saranno trenta le opere di Salvo Nero, in mostra da Artètika per Ti l’Eggo, di varie misure, su tela, su carta e una piccola scultura. La trentunesima opera sarà realizzata in estemporanea, a partire da una tela bianca, dal giorno del vernissage a quello della chiusura dell’esposizione e sarà ispirata al fil rouge, invisibile agli occhi, che unisce chi si ama. Ci sono ritratti che emergono da fogli protocollo, tutti scarabocchiati con tanto di lista della spesa, pennelli sporchi di colore, blatte che camminano sopra lettere d’amore amare. Opere bruciate, strappate o fintamente bruciate, strappate, sporcate e stropicciate. Uova al tegamino, lampadine e mandarini, pacchi di posta, oggetti quotidiani che diventano arte. Divertente, ammiccante, riflessiva.

“Poliedrico, un po’ grafico, un po’ pubblicitario, molto artista. Salvo Nero comunica i suoi stati d’animo con una enorme facilità nel farsi capire da tutti. Dal dolore di un cuore spezzato al riguardo per l’ambiente con i racconti degli incendi” commenta la gallerista Gigliola Beniamino Magistrelli. “Oltre alla maestria del disegno – aggiunge il curatore Giorgio Lo Stimolo -, c’è molto di più, una mano, la scioltezza di chi l’arte del tratto la possiede. Un incontestabile virtuosismo, un accenno un po’ beffardo che dice guardami lo so fare, è nella mia natura. Provocatorio e talentuoso”.

Chi è Salvo Nero

Salvo Nero, pittore autodidatta palermitano classe 1984 è stato stimolato inizialmente dai cartoni animati e dai pittori della sua città natale. La sua fibra creativa si sveglia molto presto attraverso il disegno che non lascerà mai più. Si orienta verso studi di grafica pubblicitaria e si cimenta sui muri della sua città, trovando nel writing un modo d’espressione libero. Attraverso i fumetti e la scoperta dello statunitense Geof Darrow, s’innamora del dettaglio, che diviene una caratteristica essenziale della sua opera. In seguito, lascia il limite delle vignette per donarsi all’acquarello, olio e, infine, l’acrilico, che diviene il suo mezzo principale. Attraverso i disegni della pittrice inglese Jenny Saville s’innamora dell’artista conterraneo Lucian Freud. S’interessa alla pittura del reale e si dedica al grande formato, una formula che gli assicura riconoscimento e diverse mostre monografiche. Si divide tra Palermo e Cardiff, due città in cui vive e lavora attualmente.

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