Scienza
Vaccini Covid-19 e reazioni avverse sulle donne, servono più studi: l’appello delle donne scienziate
La relazione tra vaccini e reazioni avverse sulle donne è una questione ancora poco chiara e troppo poco approfondita. Ma i numeri parlano chiaro. I risultati dopo la vaccinazione con i due sieri a mRna eseguiti negli Stati Uniti dal 14 dicembre 2020 al 18 gennaio 2021 riferiscono quanto segue. 47 sono le reazioni avverse segnalate dopo il vaccino Pfizer/BioNTech di cui 44 donne, cioè il 94%. 19 gli eventi avversi segnalati dopo il vaccino Moderna: 100% donne.
Passiamo ora ai vaccini a vettore virale. Il caos creato dai casi di trombosi dopo la vaccinazione con AstraZeneca è stata sotto i riflettori per settimane nell’aera europea e crea, ancora oggi, molte incertezze. Il comitato per la farmacosorveglianza dell’Ema (Agenzia europea del farmaco), dopo studi e verifiche, ha concluso (il 7 aprile) che, a due settimane dalla prima dose, le donne sotto i 60 anni sono le più colpite da reazioni avverse. Ma qui tutto si ferma, perché (in fondo) non è possibile stabilire una relazione diretta e chiara tra fattore di rischio/sesso/età. E il focus, in questi iorni, si è spostato sul vaccino Janssen della Johnson&Johnson: 6 casi di trombosi tutti su donne tra 18 e 48 anni.
La differenza di genere continua quindi a investire come un’ondata di piene tutti i campi della vita quotidiana delle donne: anche quello relativo al diritto e alla tutela della salute.
L’appello è di due ricercatrici italiane che attualmente lavorano in Svizzera: Antonella Santuccione Chadha, medico patologo, esperta di neuroscienze e malattie del cervello, e Maria Teresa Ferretti, laureata in Chimica e Tecnologie farmaceutiche, esperta di Alzheimer e medicina di genere. Le due scienziate hanno voluto puntare il focus su questa nuova forma di gender-gap all’agenzia di stampa Adnkronos: “Quello che stiamo vedendo accende un faro su uno storico problema: mette in evidenza quanto pesino nel mondo dei farmaci e notoriamente sui vaccini, e in generale sulle malattie, le differenze di genere. Forse se si considerassero di più queste differenze, a cominciare dagli studi scientifici, si potrebbero cogliere prima alcuni segnali di allerta”.
È un dato di fatto che le donne si ammalano meno gravemente (e di conseguenza muoiono anche meno) rispetto agli uomini, ma è anche vero che il sistema immunitario femminile si attiva di più in risposta a qualunque vaccino, e questo si manifesta anche attraverso gli eventi avversi post-vaccinazione. Le due ricercatrici hanno quindi messo su un gruppo di lavoro che sta attualmente approfondendo questa importante tematica. Analizzando la letteratura scientifica fino a ora prodotta sui 4 vaccini approvati e i lavori su cui si sono basate le tre agenzia regolatorie per l’approvazione (la statunitense Fda, l’europea Ema e la canadese Health Canada) hanno notato che in nessun report è stata riportata un’analisi della sicurezza del farmaco in base al genere. Questo non vuol dire necessariamente che l’analisi non sia stata fatta, ma che comunque non è stata pubblicata. È una informazione che manca in tutti i documenti e le ricercatrici stanno scrivendo un articolo per sollevare il problema.
Nell’intervista all’Adnkronos la Ferretti sottolinea che “Forse se questo tipo di dato fosse sempre messo in evidenza, se fosse un punto all’ordine del giorno, se venisse proprio strutturalmente integrato nel processo di approvazione di un farmaco, alcuni di questi casi che adesso ci sembrano rari sarebbe stato più facile individuarli, soprattutto in queste donne giovani. I vaccini hanno anche messo in evidenza un altro problema comune all’approvazione dei farmaci ed è: cosa si fa con le donne incinte e che allattano, oggi escluse da tutti i trial? Quando si disegna lo studio, si potrebbe pensare di fare un sotto-studio in parallelo oppure un registro post approvazione su questa popolazione, per far sì che quando un vaccino viene approvato sia pronto per tutti”.
Si apre così un altro capitolo delicatissimo della questione: quello relativo al vuoto di conoscenze delle interazioni tra farmaci (e in questo caso specifico, vaccini) e donne incinta o che allattano.
La medicina di precisione sarà raggiunta solo quando il concetto di “differenze” tra pazienti, che a oggi continua a dividere, sarà soppiantato dal concetto di caratteristiche relative a ciascuno di noi, rendendoci singolari e irripetibili.
(Credit immagine: Marek Studzinski on Unsplash)
Giuliana Raffaelli
Scienza
Possibile elisir di lunga vita: Topi anziani ringiovaniti con l’infusione di liquido cerebrospinale…
Tornare giovani senza pagare pegno: un sogno che potrebbe diventare realtà, grazie a un'innovativa terapia antiaging che cancella i segni dell’invecchiamento riprogrammando le cellule.
Somministrata ai topi a partire dalla mezza età fino alla vecchiaia, li ha ringiovaniti senza provocare tumori o altri problemi di salute. Lo dimostra lo studio pubblicato sulla rivista Nature Aging dal Salk Institute in California in collaborazione con la società Genentech del gruppo Roche.
“Siamo elettrizzati dall’idea di poter utilizzare questo approccio nell'arco della vita per rallentare l'invecchiamento negli animali: la tecnica è sicura ed efficace nei topi” afferma Juan Carlos Izpisua Belmonte del Salk Institute.
“Oltre ad affrontare le malattie legate all’età, questo approccio può fornire alla comunità biomedica un nuovo strumento per ripristinare la salute dei tessuti e dell'organismo migliorando la funzione e la resilienza delle cellule in diverse situazioni patologiche, come le malattie neurodegenerative". Per riportare indietro le lancette dell’orologio biologico, i ricercatori hanno usato un cocktail di quattro molecole (Oct4, Sox2, Klf4 e cMyc, meglio note come “fattori di Yamanaka”) in grado di riprogrammare l’epigenetica delle cellule, ovvero le modificazioni chimiche (ereditabili o acquisite per effetto dell’ambiente
o dello stile di vita) che rivestono il Dna regolandone l’espressione. Nel 2016 avevano già sperimentato l’elisir di giovinezza nei topi affetti da invecchiamento precoce, mentre in tempi più recenti avevano dimostrato che il mix è in grado di accelerare la rigenerazione dei muscoli nei topi giovani. Alla luce di questi primi esperimenti, altri gruppi di ricerca avevano provato lo stesso approccio per migliorare la funzionalità di tessuti e organi come il cuore, il cervello e il nervo ottico. Nessuno, però, aveva provato a testarne l’efficacia e la sicurezza in caso di un utilizzo prolungato nel corso della vita.
Per farlo, i ricercatori del Salk Institute hanno somministrato il cocktail di molecole a topi sani di 15 mesi fino all’età di 22 mesi (l’equivalente di una terapia assunta dai 50 ai 70 anni nell’uomo) e a topi di 12 mesi fino ai 22 mesi (dai 35 ai 70 anni nell’uomo), mentre un terzo gruppo di topi di 25 mesi (pari a 80 anni nell’uomo) è stato trattato per un mese. "Volevamo verificare che l’utilizzo di questo approccio per un arco di tempo più lungo fosse sicuro afferma Pradeep Reddy, ricercatore del Salk Institute.” In effetti, non abbiamo riscontrato alcun effetto negativo sulla salute, né sul comportamento o sul peso corporeo di questi animali”. Alla fine della terapia, infatti, nessun topo presentava alterazioni delle cellule del sangue, anomalie neurologiche o tumori.
I topi più anziani trattati per un mese non hanno mostrato segni di ringiovanimento, mentre i topi trattati per sette o dieci mesi sono migliorati, sia per quanto riguarda l’epigenetica delle cellule della pelle e dei reni, sia per le molecole 'spia' del metabolismo presenti nel sangue. Gli effetti dell’elisir di giovinezza, però,
non risultano apprezzabili a metà del periodo di trattamento, ma solo alla fine. Questo potrebbe indicare che i fattori di Yamanaka non fermano soltanto le lancette dell'orologio biologico, ma riescono proprio a farle tornare indietro.
Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi
Scienza
Etna, la violenta eruzione del 10 febbraio. Tra flussi piroclastici ed effetto triboelettrico. VIDEO e FOTO
Il 10 febbraio l’Etna si è risvegliato. Mettendo in scena il primo parossismo del nuovo anno. Un parossismo di violenza inaspettata e anche inconsueta per l’Etna, che di norma si manifesta con eruzioni stromboliane e colate di lava di modesta entità. Una violenza degna dei più pericolosi vulcani indonesiani e giapponesi. Una potenza che ha generato un raro fenomeno fisico, noto come triboelettricità.
Ma vediamo più in dettaglio che cosa è successo.
Dopo un periodo di calma, in cui si sono verificate soltanto sporadiche e lievi esplosioni, “a’ muntagna” è entrata nuovamente in attività mostrando uno dei più straordinari spettacoli degli ultimi anni. I primi segnali sono stati registrati nel pomeriggio del 10 febbraio e hanno avuto luogo nel cratere di sud-est (a circa 3mila metri di quota). L’attività stromboliana ha formato un’alta fontana di lava e una colata che è scesa lungo il versante sud-ovest. Poi, all’improvviso, una nube di cenere si è levata alta nel cielo, fino a raggiungere un’altezza stimata tra gli 8 e i 10 km. Infine una parte del cono è collassata, forse a causa dell’apertura di una fessura eruttiva lungo il fianco sud-est, dando luogo a un flusso piroclastico. Quest’ultimo è annoverato tra i più violenti e spaventosi fenomeni vulcanici. Si tratta di vere e proprie valanghe incandescenti (fino a 1000°C) formate da un mix di gas, cenere e frammenti di roccia che precipitano lungo i fianchi vulcanici a velocità impressionanti. Velocità che possono raggiungere anche i 700 km orari. Impensabili per questo tipo di prodotti ma possibili grazie alla formazione di cuscinetti d’aria tra colata e terreno. Fenomeni rari per l’Etna ma di cui è stato protagonista 15mila anni fa, durante le eruzioni pliniane dell’ultima fase della sua formazione. Fase che ha dato origine all’immensa caldera che vediamo oggi e che disegna la skyline del vulcano, nella quale si sono impostati l’attuale cratere centrale e quello di nord-est.
Durante questa ultima nuova eruzione, ripresa dall’Ingv e postata nel canale Youtube dell’ente, gli sguardi più attenti hanno notato un fenomeno piuttosto raro, che ha aggiunto fascino alla già straordinaria bellezza dell’evento.
Nel buio della notte, tra boati e crepitii, tra il grigio della nube eruttiva e il rosso incandescente dei prodotti emessi dal vulcano, ha avuto luogo un fenomeno noto come triboelettricità. Un raro fenomeno che un giovane siciliano, Giuseppe Tonzuso (studente di Geologia), è riuscito a immortalare. Dalla nube eruttiva, densa e minacciosa, fuoriescono fulmini che rendono ancora più magica e inquietante la notte etnea.
Ma come si forma questo fenomeno? Ce lo spiega Giuseppe Tonzuso nel suo post su facebook “Il materiale piroclastico (caratterizzato da differenti proprietà) interagendo, genera cariche locali di segno opposto. Si viene a creare una differenza di potenziale che, quando è sufficientemente elevata, supera la resistenza dell’aria e determina il passaggio della scarica elettrica”. Si formano così i fulmini nella colonna eruttiva.
Ma sono davvero tante le foto scattate e pubblicate su internet. Tra le altre vogliamo menzionare quella di Dario Giannobile, ingegnere di Siracusa che in passato ha stregato la Nasa e l’Osservatorio di Greenwich, ricevendo numerosi premi. La sua ultima foto è stata pubblicata dall’Istituto nazionale di Astrofisica di Catania.
(Foto di Dario Giannobile)
L’immagine dell’Etna, acquisita alle 9.50 UTC dell’11 febbraio da uno dei satelliti Sentinel-2, è stata anche scelta come immagine del giorno (12 febbraio) dal progetto Copernicus dell’Unione europea. Essa mostra il raffreddamento del flusso di lava emesso sul fianco meridionale del vulcano.
(Foto di Sentinel-2)
(Credit immagine di copertina: Giuseppe Tonzuso)
Giuliana Raffaelli
Cultura
Oggi è il 10° World Radio Day. Alcuni cenni storici della grande scoperta tutta italiana
Oggi, 13 febbraio 2022, è il World Radio Day.
La ricorrenza è alla sua decima edizione, infatti era l’anno 2012 quando l’Unesco ha deciso di celebrare il rapporto evidente che esiste tra radio e società.
SI tratta di una data non scelta a caso, visto che nello stesso giorno del 1946 veniva fondata la radio delle Nazioni Unite.
La giornata è organizzata da Radiospeaker.it che terrà una maratona radiofonica dalle ore 10 alle ore 18, durante la quale interverranno ospiti, speaker, e altri del settore, con il coinvolgimento di altre radio nazionali e locali.
E’ possibile seguire la diretta attraverso i canali social del portale.
Il telegrafo
La commemorazione di Guglielmo Marconi non poteva non essere un grandissimo evento. L’inventore bolognese che sconvolse la comunicazione già da fine ottocento, rendendo possibile, con una serie di esperimenti, trasmettere informazioni, tramite onde elettromagnetiche a 2 km. con un segnale in codice morse. Questo era fatto di punti e linee.
Ma il genio italiano dopo soli sei mesi si superò e superò anche l’Oceano Atlantico, riuscendo a trasmettere quelle linee e quei punti in America: aveva inventato il telegrafo.
La radio
In Italia, invece la prima società radiofonica, la URI, nasceva soltanto nel 1924 a Roma, ricoprendo il ruolo, inizialmente, di strumento di propaganda politica.
Dagli anni ’40 la radio non si è più fermata e mantiene sempre il suo ruolo importantissimo, nonchè il suo fascino senza tempo.
Marina Cozzo
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